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TRILOGIA DI UN MARTIRIO e resurrezione - di Antonio Cattino.

*slogan" e foto di Gianni Molaro stilista

Questo mio lavoro, è pubblicato, in altra forma editoriale, sul terzo volume della Trilogia " Ciò che Caino non sa - Psiche e Amore" L'intera antologia ( tre volumi), curata dalla poetessa Maria Teresa Infante è edita dall'Associazione Culturale. L'Oceano nell'Anima  di Bari ed è già in distribuzione in Italia dopo la presentazione, avvenuta Recanati il 26 novembre u.s... I tre volumi dell'Antologia " Ciò  che Caino non sa", presentano un insieme di voci poetiche che si muovono solidarmente, con contributi molteplici verso l'obiettivo di una reale parità fra uomo e donna, registrando i passi in avanti  fin'ora fatti in Italia ed in Occidente, ma non sottacendo le difficoltà da un lato genetiche e culturali che permangono, non solo a livello globale, ma anche del nostro Paese. L'uomo che uccide per gelosia, possesso o prevaricazione, non è un pazzo, come spesso gli avvocati del femminicida sostengono nei tribunali, ma è soprattutto il prodotto più efferato di una cultura, che si tramanda da generazioni innumerevoli nelle famiglie, luoghi in cui si creano i ruoli che poi conformeranno i comportamenti individuali e la stessa cultura sociale. ( a.c. sax)
 Nel fare i complimenti a Maria Teresa Infante, curatrice dell' Opera e Massimo Massa presidente dell'Associazione  Culturale " L'Oceano nell'Anima" per il pregevole lavoro  fatto insieme ai poeti e gli artisti che hanno aderito, desidero riportare un brano di Tiziano Terzani, giornalista e scrittore che così poneva la questione del cambiamento culturale di cui ho sopra accennato, brano presente nella pagina di presentazione del II volume dell'Antologia, ODI et AMO :


Il Golden Book - Il terzo volume.

" ... Solo i poeti, la gente che lascia il cuore volare che lascia la propri fantasia libera senza la pesantezza del quotidiano è capace di pensare diversamente, ed è questo di  cui oggi avremmo bisogno, pensare diversamente. l'ultima  possibile vera rivoluzione è quella di cambiare il mondo dentro di noi, non il mondo fuori; poi per riflesso cambia anche il mondo fuori." ( Tiziano Terzani)

Un percorso storico in queste tre poesie sul femminicidio
e sulla condizione della donna
nei secoli, fino ai giorni nostri, tracciato da un rosso rivolo di sangue che scorre in ogni vicolo del cammino umano. La Storia, testimone imparziale ed attenta, ci riporta i momenti drammatici di un infinito martirologio che s'incrementa ad ogni conquista dell'Universo femminile, come a segnare una resistenza al cambiamento dei rapporti uomo - donna che vada in direzione di una parità, non solo concettuale o formale, ma pregna di significati, atteggiamenti, opportunità, libertà sostanziale quindi della metà del genere umano.
Queste tre poesie che ripercorrono un tragico percorso, antichità - età moderna e cronaca contemporanea, ci danno uno spaccato della condizione della donna nelle tappe del percorso storico occidentale. Alla fine vi è la poesia della speranza, una piccola lirica dedicata all'Amore come antitodo ed elemento contrario alla morte ed alla bestialità che la produce, nel quale, nei giardini dell'anima dove sbocciano i fiori dei sentimenti, l'umanità finalmente, liberata dall'odio di genere, troverà il filo rosso  della resurrezione, le ragioni della pace e della mutua comprensione.
Ipazia d'Alessandria, dipinto su piatto di Assunta Grasso.


Ipazia d'Alessandria vissuta fra il III e IV secolo d.c.nella città d'Alessandria d'Egitto,
uccisa barbaramente dall'intolleranza religiosa neo cattolica della locale chiesa, retta da un vero e proprio gruppo di potere che mal tollerava la libertà di pensiero di una donna che, non aderendo alla confessione cristiana, e portando avanti il suo lavoro di matematica, astronoma e filosofa neoplatonica nel nascente impero romano d'oriente, fu considerata dal vescovo di Alessandria Cirillo come un'antagonista del conformismo religioso alessandrino, ufficialmente della religione cristiana, ma praticamente del potere  temporale del clero alessandrino. Tale potere a sua volta confliggeva con quello legittimo del prefetto imperiale Oreste, che seppur cristiano, era ligio al riconoscimento garantista delle diverse comunità religiose presenti in Alessandria, come gli ebrei o gli stessi pagani, denominati dispregiativamente " Elleni" dai cristiani. Ipazia, a capo della scuola alessandrina ,stimata e rispettata dal popolo di Alessandria nella sua totalità di Comunitas era quindi il il chiodo nel fianco per il vescovo Cirillo, che mal tollerava le pubbliche orazioni della scienziata e filosofa, i suoi inviti alla tolleranza reciproca, il rispetto delle regole imperiali sulla convivenza religiosa. Nel più aspro dispiegarsi della lotta per il potere temporale tra Cirillo ed Oreste, la pletora dei fanatici, con alla testa i monaci parabolani capeggiati da un demagogo, tale Pietro, prelevata Ipazia la condusse nella chiesa del Cesareo dove la martirizzò uccidendola lentamente con cocci di vaso, accecandola ancora viva e smembrandola per poi bruciarne i resti nel cinerio pubblico. 
Si puniva così oltre che la retore e la scienziata, rispettata da tutti gli alessandrini che avevano a cuore i valori di convivenza della Comunità civile della loro nobile città, colei che avrebbe potuto diventare un contrappeso allo strapotere satrapico del Vescovo stesso, poi addirittura proclamato santo. Ma si puniva anche la donna, in quanto essere pensante con autonomia di discernimento, a cui sia gli uomini che le donne di Alessandria facevano affidamento , trovando spunti teorici e filosofici per portare avanti, in maniera razionalmente ragionata, le loro diverse confessioni religiose. Infatti quella donna  fu uccisa così brutalmente affinchè la sua morte servisse come monito ad ogni nuovo anelito di libertà di pensiero da parte del genere femminile.



PER IPAZIA-ODE.

Per  te indomita figlia di Teone,
bella  sacerdotessa della ragione,
fine pensatrice e  scienziata insigne,
 il mio pensiero s’innalza ed il mio canto
fino alle eccelse cime risplendenti
del  Faro che scaturì dalla tua mente;

né Alessandria né Roma hanno ricordo
disagio e colpa ancora di quel  peccato,
nel  segno  degli anni ormai trascorsi
del libero pensiero fosti eroina;

la tua beltà, così la tua parola
libere ancora volano nel cielo
indicando agli uomini la meta
e il senso della vita più sincero;

non credenza ottusa  stimolasti
ma il dubbio che rimette in questione
ogni credenza vana ed ogni certezza
non supportate da studio e da ragione;

per  questo fu la condanna e la tua morte,
smembrata fosti da torma truculenta
che al regno di un falso Dio rispondeva,
di verità timorosa  e che odiava
chi come te ragione propugnava

e poi bruciata fosti in pubblico cinerio
con  gli antichi tomi ed i tuoi  papiri 
per consegnare  all’ oblio ogni memoria
e schiavitù delle menti perseguire;

oggi ti ricordiamo, o del Sole  ancella,
il tuo esempio ai venti  consegniamo,
ragione, tolleranza e conoscenza
principio e  scopo d’ ogni esistenza.

Antonio Cattino

Castello di Carini, particolare, foto mia.


Caterina La Grua - Talamanca - Baronessa di Carini (Palermo) Uccisa ufficialmente per motivi d'onore
dal padre don Cesare Lanza, che praticamente l'aveva venduta, dandola in sposa per motivi d'interesse all'età di soli 14 anni, al barone don Vincenzo La Grua, feudatario del feudo di Carini,  il 4 dicembre 1563, insieme al suo amante, Ludovico Vernagallo, cugino del marito e proprietario di un feudo minore confinante col feudo La Grua, a cui da tempo era legata da un vero sentimento d'amore. Infatti il marito legittimo don Vincenzo II La Grua, molto più grande di età della sposa bambina Caterina, si assentava per lunghi e ricorrenti periodi di tempo dal castello che praticamente era gestito e governato dalla baronessa, assistita dal giovane Ludovico che, nei fatti fungeva da marito "ufficioso".  Questa relazione era ormai di pubblico dominio, non destava la gelosia del barone La Grua. Questi però fu invogliato dal padre della donna oramai più che trentenne a mettere in scena un omicidio d'onore, con le modalità previste dalla legge Iulia, per cui il padre scoperta la flagranza d'adulterio, avrebbe potuto uccidere  la figlia, mentre al marito  veniva concesso di uccidere l'amante sorpreso nel talamo coniugale. Così ufficialmente fu, come attestato da una lettera che il padre di Caterina, don Cesare Lanza, spedì al re di Spagna Filippo II per descrivere le modalità delle uccisioni, finendo per l'essere perdonato ed assolto insieme al marito  della donna  don Vincenzo La Grua per diritto d'onore  dallo stesso sovrano spagnolo. Ne conseguì che i beni del cugino confinante Ludovico Vernagallo furono incamerati dal Barone La Grua. La storia così, essenzialmente descritta, ci dà però le coordinate precise della condizione della donna nelle famiglie di alto rango nobiliare nell'ultimo Medioevo al confine temporale con l'età Moderna, in cui la donna non ha alcuna voce in capitolo, non può manifestare i suoi sentimenti, è in pratica in pieno potere del padre, dei fratelli come poi lo sarà del marito a cui essa verrà destinata in sposa. La donna non ha alcuna possibilità di rifiutare la scelta che la sua famiglia ha fatto per suo conto. La famiglia non dà alla ragazza la possibilità di rifiutare o quanto meno discutere la scelta matrimoniale concordata. Il potere poi di vita o di morte del padre in caso d'adulterio, concludeva in maniera drammatica il quadro della sua condizione di estrema sottomissione.


LA STIDDA DI CARINI  - 

‘Dda notti di niru tinciuta
ni cianci ancora nto cori
cu li to’ capiddi straminati
li chiazzi di lu sangu supra a peddi
lu ribbugghiu d’’u ciatu ca pampina,
- ancora vivu - di la to firita 
a lu cori  to sfirrata
mentri nta l’agnuni t’arridduci
rantuliannu senza chiù spiranza.

Vola la to vita e la to arma
la manu sinni cadi da lu muru
mentri l’amanti to già ‘ssassinatu
da li giannizzeri veni carriatu
fora pi’ ‘n’amara funzioni …

E cianciunu arredi di ‘dda porta
di chiantu dispiratu e imputenti
li to sirventi  chi paci chiù nun hannu
avennuti  comu figghia guvirnatu
e cu’ latti di l’aceddi  ammunzignatu.

Cianci lu to paisi di Carini
chi mutu s’arrutulia nta li pinseri
e senza chi nuddu semina dumanni
li risposti assummanu putenti
comu  petri  ca rumpunu la menti.

Vinnuta fusti o stidda  rilucenti
p’aviri  terri e pussidimenti
D’un patri chi fu Cainu certamenti
l’amuri in cori so mai non tinia
non ciuri ma saccuddu di dinari
pi la putenza sua in tia vidia.

Li terri di lu to amuri furunu ‘rrubbati
cu l’accusa nfami  di lu tradimentu 
p’aviri viulatu unuri e  putistati
e la ‘ntimitati d’un lettu  ‘bbannunatu
d’un homu chi maritu nun fu mai
e supravanzava tri voti la to etati.

Lu to non fu tradimentu
a nuddu tu putisti mai tradiri
li to’ pinseri di carusa nnuccenti
furunu ittati nta li spini
comu ‘ddi cosi ca nun servunu a nenti.

Ora chi si stidda tra li stiddi
si lu celu vardu sicuru ti trovu
spilucenti ntra li chiù lucenti
e spargi paci a li lijami d’amuri.

Antonio Cattino @20 Dicembre 2015 pubblicata al Castello di Carini – 

Versione in lingua italiana:

LA STELLA DI CARINI  .

Quella notte di nero dipinta
ci piange ancora nel cuore 
coi tuoi capelli scarmigliati 
chiazze di sangue sulla pelle
che ribolle che s’ aggrumisce 
ancora vivo dalla tua ferita 
al cuore tuo sferrata 
mentre in un angolo ti rintani 
rantolando senza più speranza.

Vola la tua vita e la tua anima 
la mano scivola per il muro 
mentre il tuo amante 
già assassinato 
dai giannizzeri viene trasportato  
fuori per un’amara funzione …

E piangono dietro quella porta
 di pianto disperato ed impotente
i tuoi servitori che pace più non hanno 
avendoti come figlia governato 
e con il latte degli uccelli coccolata.

Piange il tuo paese di Carini
che muto si arrovella nei pensieri 
e senza che nessuno semini domande
le risposte salgono potenti
come pietre che frantumano la mente.

Venduta fosti o Stella rilucente
in cambio di  terre e possedimenti
da un padre che fu Caino certamente 
per te amore nel suo cuore mai teneva
non fiore ma borsa di denari 
per la sua potenza in te vedeva.

Le terre del tuo amore furono rubate
con l'accusa infame del tradimento
per avere violato onore e podestà
e l'intimità di un letto abbandonato 
d'un uomo che marito non fu mai
e sopravanzava tre volte la tua età.

Il tuo non fu tradimento
a nessuno tu potesti mai tradire 
i tuoi pensieri di bambina innocente
furono gettati ai quattro venti
come le cose che non servono a niente

Ora che sei stella fra le stelle
se il cielo guardo sicuramente ti trovo 
radiosa come le più lucenti 
e spargi pace ai legami d'amore. 

Antonio Cattino 



OMAYMA BANGALOUM 34 anni - mediatrice culturale, uccisa dal marito, un disoccupato tunisino di 51 anni, che di tanto in tanto faceva qualche lavoro saltuario, Didri Fauzi, casa in affitto da pagare, 4 figlie femmine, la più grande 14 anni , da mantenere e mandare a scuola. Omayma era una donna modello, era addetta all'accoglienza per la Prefettura di Messina, parlava l'Arabo e l'Italiano, assisteva quindi i migranti che arrivavano nel porto di Messina, era perfettamente integrata nel tessuto sociale della città. Il suo lavoro era destinato in  massima parte ad assicurare alle figlie un futuro dignitoso in italia, distante dalle arretratezze culturali dei villaggi tunisini di provenienza. Il marito invece considerava conclusa l'esperienza italiana, fallimentare per lui, data la perdurante crisi dell'edilizia a Messina ed in Italia. Continui litigi, con esplosioni di violenza da parte dell'uomo, sopportate con dignità ma anche paura da parte della donna per il futuro delle figlie.
Una scelta da parte di  Omayma di dare loro un futuro in Italia, intanto mandandole a scuola,
frustrazione invece da parte dell'uomo che non reggeva più il confronto con la moglie che ormai col suo lavoro mandava avanti la famiglia. L'ultimo litigio fu fatale quel 5 settembre del 2015, quando Omayma a causa di uno sbarco numerosissimo di migranti nel porto di Messina, si trattenne al lavoro oltre la mezzanotte, il marito la attese con la premeditazione di ucciderla, aveva con sè il piede di un tavolino, con due colpi alla testa la finì ... una storia di ordinario femminicidio dei nostri tempi. Ora le bambine sono in affidamento e seguite dai servizi sociali, lui, il marito è in carcere, siamo al processo, Omayma non c'è più, la dignità uccisa dalla protervia di un uomo che pensava confusamente al privilegio di scelta sul futuro della moglie e delle figlie, per un diritto di genere, che pur facendo acqua da tutte le parti, ha voluto tenere vivo impugnando quella sbarra di legno che avrebbe almeno dovuto conquistare, se non il corpo della donna  quantomeno l'anima.

Omayma Bengalloum, foto dal web


Pi’ Omayma Bengalloum   Odi - (per Omayma Bengalloum  ) Ode;
Uccisa dal marito per possesso  di corpo e d’anima.  Poesia  in  Lingua Siciliana.

Cuntami  Omayma                                                               
si ora truvasti
la paci
nta li vrazza cilesti
e si lu surrisu chi ci njiasti
è tutta na cosa  
cu la luna e li stiddi,
l’immensi prati
pittati di virdi,
unni nta li sonni
cu li scioti capiddi
ncontru vai
a li to’ picciriddi;

Chianci Missina
pi’ lu to nomu …
O notti scurusa
di sangu vagnata
pi manu  di bestia
d’ homu vistuta
chi sulu pi’ consu
ti tinia attaccata;

L’unuri  in facci poi ti jttava
a corpa di nciurii 
e malidicenzi
comu s’’u to travagghiu
fussi appistatu
mentri a li figghi 
dunavi  lu ciatu;

Ora ti pensu 
ventu di ziffiru
a menzu a li stiddi
chi vai sciusciannu
lu curti tempi
chi ni cuncidisti
facemuli  spiranzi
e ammunimenti;

Esempiu d’onesta 
cumunioni
di lotta pi ‘na nova
cunvivenza
unni l’amuri,
in ogni cuntrada
sia rosa adurusa
di sirinu brizzata
e mai pussessu e
imposizioni 
occhi nsanguati
e pugnali nto cori;

Ora tu dormi 
o stidda d’orienti
mentri nun dormi 
lu to assassinu
strittu ‘nto ciancu
d’’u tavulatu 
forsi  iddu cianci 
la so’ svintura
d’homu di nenti
ntra la genti passatu.

 Antonio Cattino

VERSIONE IN LINGUA ITALIANA:

per Omayma Bengalloum   - Uccisa dal marito per possesso  di corpo e d’anima. 

Dimmi  Omayma                                                               
se  ora hai trovato
la pace
nelle braccia del cielo
e se il sorriso che ci hai negato
sia tutt’uno  
con la lune e le stelle,
i prati immensi
dipinti di verde,
dove nei sogni
coi capelli sciolti
 vai incontro
alle tue bambine;

Messina piange
per il tuo nome,
O quella notte scura ..
bagnata di sangue
per  mano di bestia
travestita d’uomo
che solo per  orpello
ti teneva legata.

L’onore in faccia poi ti gettava 
a colpi d’insulti e maldicenze
come se il tuo lavoro 
fosse maledetto
mentre alle tue figlie
donavi il respiro .

Ora ti penso 
vento di zeffiro
fra le stelle 
che vai soffiando
il breve tempo 
che ci hai concesso 
facciamolo speranze
e ammonimenti.

Esempio d’onesta 
comunione
di lotta per  una nuova
convivenza
dove l’amore,
in ogni contrada
sia rosa odorosa
di rugiada perlata
e mai possesso  e
imposizione
occhi di sangue
e pugnali nel cuore.

Ora tu dormi 
o stella d’oriente
mentre non dorme 
il tuo assassino
stretto nel fianco
del  tavolato 
forse  lui piange 
la sua sventura
d’uomo di niente
come dice la gente.
Antonio Cattino.
  • Questo trittico che ho voluto produrre è un percorso, ahimè limitato, di una sequenza più affollata di episodi luttuosi, che nella Storia ha generato una strage infinita di donne, di bambine, spesso abusate e poi buttate via col disprezzo di chi vuole cancellare, donando la morte, un ricordo ingombrante, con l'illusione di farla franca prima con la sua coscienza e poi con la società. Esso vuole essere anche uno stimolo affinchè insieme uomini e donne trovino ragioni di vita civile e di nuova convivenza, nell'amore , che  rimane il principale veicolo di vita per l'intero genere umano. Antonio Cattino, Luglio 2016,

Il trionfo dell'Amore dipinto di Mattia Preti (Taverna CZ24 febbraio 1613 – La Valletta3 gennaio 1699)


E VITA SIA ! - 

Sarà l’ amore a salvarci?
forse … ma
nelle mie narici sento 
i tuoi profumi
anche quelli più segreti
la notte quando tu vieni
e come un’onda
mi sommergi
mentre i sogni  s’incamminano
altre vite disegnando.

Non vedi tu 
entrare le stelle
d’argentei suoni
scintillanti?

E vita sia 
inondata d’amore !

Antonio Cattino               

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