Passa ai contenuti principali

ODE A DUCEZIO, primo Re di Sicilia-di Antonio Cattino



Le immagini sono tratte dal Web





"Ove ribolle la tenebra profonda
che discerne Giustizia da iniquità,
che dei miei due infanti fu culla,
Tu la città dei Siculi ergerai!"

Così nelle foglie d’acanto Ducezio lesse,
quando nel sogno, Thalia a lui condusse
del Divo Adrano il verbo del destino.

"Si! Dove ribolle la tenebra profonda
Palikè -Trinacie sarà altare e casa
d’un popolo rinato a nuova vita
per affermare diritti conculcati
dai servitori degli Dei dell’Olimpo
Che questa terra opprimono.

Prendi la spada ed a raccolta chiama
il tuo popolo afflitto e sottomesso,
forma un esercito di potenti schiere,
fonda città che portino rifugio."

L’elmo cinse il principe di Mene,
giovane altero dalla bionda chioma,
coi suoi fedeli cavalieri e fanti
la Sicilia percorse combattendo,
misurando leghe tra un fiume e l’altro,
tra monte e monte e tra monti e mare.

Da ogni villa o città amica doni ricevette
e sacri unguenti, e armati e spade.
Davanti alle porte delle città fedeli
“Parten age! Duchaizo Age!”
“Arriva il Re!  Arriva Ducezio!”
Gridavano gli Àuguri
e fino al tempio dei molossi ascese
schiere raccogliendo ad ingrossar le fila.


“Estrei! Estrei!”
“All’armi! All’armi !” 
“O miei guerrieri!
Ricordate gli antichi canti, sull’epopea d’Egitto!”

Lunga colonna di armati, criniere al vento di cavalli,
cavalieri e carri e molossi, arcieri e opliti,
Cupi cozzar di scudi, rumori di ferraglie, atroci grida,
Siracusa potente ripiegò, fuggendo verso le sue mura,
aprendo la via di Etna e Katanè, d’Inessa e Ibla liberate.
Ai Siculi le antiche città ritornano in potere!

Libera ritorna l’alta Valle del Simeto, l’Assinos gorgheggia
fra libere sponde, 
Centuripe signoreggia con le cento guglie.
Morgantina assediata, coi Dori fuggitivi, 
ai Siculi soccombe.

“Distya,maharajio, vijaena vardhate!”
“Grazie al cielo, il Re, trionfa nella Vittoria!”
Gridava il popolo, agitando rami di palma e alloro.

A Palikè l’alloro della Gloria e la corona di Trinacie regale;

Ma ringhiosi i nemici si allearono, 
giurarono sulla morte di Ducezio,
l’eroica armata dei Siculi fu dispersa, 
a Corinto il Condottiero riparò,
ritornando più tardi, alle belle spiagge 
dove fondò la nuova capitale. 
Calè Actè chiamò la nuova rocca, 
e la città, su antiche rovine edificò, 
con genti amiche, per  nuove battaglie, 
tra i verdi Nebrodi ed il Simeto, 
ai  greci guerra portando tra alterne sorti. 

Al fin, come se il ciel si oscurasse, 
Fortuna si volse verso il fato buio,
verso la morte, che lenta sopraggiunse, 
fra fidi suoi compagni d’ardimento
e quando delle Moire il canto lui sentì 
e lo stridio della civetta fu insistente,
fuori si fece condurre col suo letto 
a rimirare l’Etna fumante, che bambino
ebbe a nutrice, là nell’Antica Mene, 
e pianse di struggente nostalgia, 
tutti salutando con lo  sguardo, 
com’uomo che a lasciar è costretto,
contro ogni volere, il suo amore, 
l’unico vero amore della vita.

Stormi di corvi la valle sorvolò, 
da aquile inseguiti fino al mare;
mentre da ogni libera città 
giunsero i Siculi, a schiere,
reggendo accese torce 
a rischiarare gli impervi sentieri.

Marciavano i Siculi verso il loro Re 
per l’ultimo saluto,
srotolando litanie ancestrali 
per tenersi svegli nel cammino,
mormorate come un lungo pianto, 
un lungo irrefrenato pianto.
E poi giunti al cospetto del Gran Morto, 
alzando le torce al cielo, gridavano:
 “Jivaka, jivaka maharajo! Jivaka Duchaizo!” 
“Lunga vita,lunga vita al Re! Lunga vita a Ducezio!”

Rispondevano i sacerdoti al popolo augurante: 
“Tavas Adranon ires jivanta maraja Duchaizo!”

“Potente Adrano concedi al Re Ducezio di risorgere per l’Eternità !”.


Antonio Cattino 05 Agosto 2018 © Inedita ogni diritto riservato secondo le vigenti leggi.

Le traduzioni in Siculo Sanscrito, sono state cortesemente fornite
dal prof. Enrico Caltagirone- Studioso di antiche lingue indoeuropee.

Commenti

  1. La Sicilia non ha molte cose di cui vantarsi: le bellezze naturali fortemente compromesse, le opere dell’uomo trascurate e abbandonate, la cultura in genere vilipesa e negletta. La sola cosa che ancora resiste (e non si sa ancora per quanto) è la sua “presunzione”, l’altezzosità arrogante di un nobile decaduto che vivendo di nostalgia riesce ancora a credere nel futuro. La Sicilia è un don Chisciotte potenziato. Una cosa che i settentrionali rinfacciano al Sud, e dunque alla nostra isola, è il fatto di cullarsi in un passato glorioso che non esiste più (e forse mai è esistito). Hanno ragione. Però se il Sud perde anche questa illusione riuscirà a “pensare” l’avvenire? Se non crederà ad un’epoca d’oro potrà immaginarne una nuova?
    La Sicilia ha bisogno di storia, di eroi e di memoria. Al suo Galileo, Brecht fa dire: “Unglüc klich das Land, das Helden nötig hat.” (Sfortunata la terra che ha bisogno di eroi). E purtroppo la nostra Sicilia è sventurata, la nostra Sicilia ha ancora bisogno di eroi.

    RispondiElimina
  2. E' inprte vero ciò che tu scrivi, noi stessi oramai non siamo più Siculi, se non per una piccola parte del nostro DNA, abbiamo bisogno di eroi? forse no, abbiamo bisogno di uomini politici onesti che credono nella loro terra perchè la amano. Eroi moderni ne abbiamo avuti, Placido Rizzotto, Impastato, falcone e Borsellino, Mattarella, Livatino, Lenin Mancuso, ecc ma purtroppo non sono bastati a cambiare questa società del malaffare, della prevaricazione mafiosa e della collusione. Ma è anche vero, se i siciliani non si riapproprieranno della loro storia, non avranno appigli solidi per andare avanti verso il futuro, e per dare al futuro un senso migliore di quello che drammaticamente stanno vivendo oggi. Ecco l'esempio di Ducezio, eroe romantico di un'arcaicità depurata dalla censura greco-romana.

    RispondiElimina

Posta un commento