Salvatore Camilleri - Un Poeta che ha restituito la lingua madre ai siciliani - articolo di Alessio Patti
Salvatore Camilleri
(A.Cattino) - Un mese fa, il 24 marzo, ha cessato di vivere il Poeta e grande studioso della Lingua Siciliana, Salvatore Camilleri. Nel rinnovare il mio cordoglio, ho chiesto all'amico Poeta e drammaturgo, nonchè translatore in Siciliano di opere classiche internazionali, Alessio Patti, che si pregia di essere stato suo discepolo ed amico, di scrivere un ricordo del Maestro, cosa che gentilmente Alessio mi ha inviato e che pubblico integralmente:
Ci ha lasciati da pochissimo, Salvatore Camilleri, a un passo dai suoi 100 anni;
lui, il più esperto rappresentante della poesia e della lingua aulica siciliana di
questo secolo; un grande “varvasapiu”, forse l’ultimo di una Sicilia che non
rivedremo mai più. Respingeva categoricamente il titolo di “Prof.”, preferendo,
invece, quello di poeta, perché diceva che: “I poeti sono coloro che creano
qualcosa. Sono essi che creano e formano la lingua dei popoli, ancor meglio dei
glottologi”.
Io lo conobbi circa 35 anni fa e ne divenni subito amico e discepolo. Tra decine
di vocabolari e grammatiche, io scelsi il suo vocabolario “Italiano-Siciliano” e
la sua “Grammatica siciliana”, e ad oggi sono rimasto fedele a queste opere
straordinarie che hanno aiutato me e molti altri poeti a promulgare nel modo
rigoroso e corretto la lingua madre siciliana del nostro secolo.
Oggi si parla troppo di vernacoli e poco di lingua madre siciliana perché c’è chi
ha ancora molteplici interessi politici nel conservare soggiogati la nazione
siciliana e il suo popolo. Contro questa condizione Salvatore Camilleri iniziò
un’opera sorprendente (che io stesso porto avanti da decenni, seguendo i suoi
principi), quella di creare strumenti formativi e didattici riscrivendo nella lingua
madre dei siciliani la letteratura più riconosciuta nel mondo occidentale;
giacché, come egli ha detto “la nostra lingua ha svolto e deve continuare a
svolgere un compito di arricchimento di quella italiana. […] Grazie soprattutto
agli illetterati che sono coloro che hanno creato e creano ancora oggi le
lingue.”.
Il rilievo della figura di Salvatore Camilleri si è espresso nella spinta che egli ha
saputo dare al rinnovamento della Poesia Siciliana a partire dal secondo
dopoguerra. Non c’è stato, infatti, dibattito negli ultimi 80 anni sulla lingua
siciliana che non lo abbia visto protagonista. Ed egli ha dibattuto soprattutto
perché si adottasse il siciliano nelle scuole. Ma quale siciliano?
Sappiamo che il siciliano è una lingua appartenente alla famiglia delle lingue
romanze, costituita dal latino di cui è erede, con gli apporti successivi di altri
linguaggi. Dopo i grandi risultati della Scuola Poetica Palermitana e il
successivo declino, si cominciò a sussurrare che “la lingua (o il dialetto
siciliano) fosse di bassa cultura, solo per il popolo: io non la pensavo così. La
storia ci insegna che il nostro idioma è nato un secolo prima di quello della
lingua italiana”. (Salvatore Camilleri). E alcuni reperti storici confermano la sua
affermazione, giacché la poesia volgar siciliana probabilmente è nata già avanti
il regno di Federigo II di Svevia. Infatti leggiamo in: La poesia siciliana sotto gli
Svevi; studi e ricerche.
"La canzone composta nel 1205 da Giacomo di Lentino non è sicuramente il
primo saggio della gaia scienza in volgare siciliano: anzi rivela, nella sveltezza
della fattura, nella sicurezza e nel ricorso delle rime difficili, una lunga
preparazione anteriore".
Poi ci fu Dante, il gran teorizzatore del volgare illustre, che ha dichiarato nel De vulg. eloqu. I, 12 : «et primo de siciliano examinemus ingenium; nam videtur sicilianum vulgare sibi famam prae aliis asciscere, eo quod quicquid poetantur Itali sicilianum vocatur, et eo quod per plures doctores indigenas invenimus graviter cecinisse…». Risulta quindi chiaro come il volgar siciliano
acquistasse gloria prima di tutti gli altri, non solo perché alcuni dottori dell'isola
cantarono nobilmente, ma anche perché i più gentili e colti uomini d'ogni parte
d'Italia accorsero in Sicilia; onde i loro scritti volgari furon detti siciliani.
Giacomo da Lentini nella sua "Dolcie cominciamento" descrive un amore
giovanile:
Cantu per la più fina
Che sia al mio parimenti
D'Agri infino in Messina.
Ciò è la più avenenti,
stella rilucienti
che levi la maitina.
ma anche i versi di Rinaldo d'Aquino, innamorato di una bella fanciulla
messinese:
Amorosa donna fina,
Stella che levi la dia
Sembran le vostre bellezze
Sovrana fior di Messina.
Queste citazioni, stralci e altro materiale ancora, mostrano chiaramente come
le dichiarazioni del Prof. Salvatore Camilleri fossero tutte fondate: la lingua
siciliana fu e deve restare lingua madre del popolo siciliano. E se si sono persi
per strada il prestigio poetico e la cultura conseguente, fu soltanto per le
condizioni di miseria del popolo siciliano dominato da altri popoli. Grazie
all’opera culturale di Salvatore Camilleri possiamo dunque ben testimoniare che
egli resterà per sempre il poeta capostipite del ‘900 che ha restituito la
lingua madre ai siciliani attraverso le sue opere di traslazione, il suo
vocabolario e la sua grammatica siciliana. Qualcuno obietterà che sono solo dei
libri… Si, lo sono, ma il loro potere dirompente ben presto verrà fuori perché
non ha scadenza e resiste alle alte temperature. Può causare assuefazione.
Non è soggetto a prescrizione medica e può essere somministrato ai minori di
anni 16. Pertanto i libri di cotanta cultura camilliana vanno letti d’un fiato e poi
riletti lentamente acquisendone i profondi valori e le forti radici a cui i siciliani
appartengono, affinché essi non dimentichino mai più la loro lingua madre. E
non dimenticheranno nemmeno il volto di Salvatore Camilleri, giacché si dice
che i poeti non spireranno mai, oppure moriranno sol quando vedremo
ghiacciare il fuoco o ardere la neve. È un adynatom (una figura retorica) che
tutti noi auspichiamo, anche se c’è chi nega questa possibilità essendo per
natura impossibile. Eppure “il volto” dei poeti che hanno realizzato la storia
della bella Poesia, “non si cancellerà dal nostro petto, dovranno prima
pascolare i cervi nell’etere” (Virgilio). Credo che sia questa la linea di
demarcazione tra la paura di chi scrive e l’auspicio di chi legge.
Alessio Patti
(Poeta, commediografo, scrittore e traslatore in lingua aulica siciliana
Commenti
Posta un commento