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ENRICO CALTAGIRONE: ORIGINE E LINGUA DEI SICULI- ( e sopravvivenze nella Lingua Siciliana, aggiungerei io) – Ultima fatica editoriale del glottologo Siculo Lombardo.




Silloge e romanzo di Enrico Caltagirone

Poesie di Enrico Caltagirone

Enrico Caltagirone è nato a Centuripe, la città sicula per antonomasia, “ La città delle cento guglie rupestri” nel  suo significato letterale in Sanscrito, ricordata dal Senatore Romano e Retore Maximo, Marco Tullio Cicerone in una delle sue memorabili orazioni contro Verre, depredatore dell’arcaico tempio siculo del Dio Adranon,e della Ninfa Thalia, alle pendici dell’Etna,  e del suo tesoro, nonché delle opere d’arte conservate in quel luogo sacro ai Siculi, ci consegna oggi fresco di stampa un corposo ( per la puntualità scientifica espressa), un volumetto di 120 pagine che racchiude le ultime scoperte dell'autore sulla lingua dei Siculi.È un libro che nella sua parte  storica e archeologica, si legge con veloce piacevolezza, e leggendolo, si sente aleggiare il tocco e lo spirito poetico letterario, della sua silloge poetica 

“ Fiume del Tempo” o del suo romanzo godibilissimo, “La Fragile Luce dell’Eden”, dei ricordi della fanciullezza e della gioventù di Enrico, delle sue prime ricerche scientifiche, fatte proprio nella straordinaria grande tomba regale dei sovrani di Centuripe Sicula, scoperta per caso, insieme ai suoi amici centuripini, nel sottosuolo della periferia del paese. In quella tomba aleggia il ricordo dei Siculi della permanenza in Egitto, per la volta d’alabastro rosa che s’illumina al solistizio di primavera, e che fa comparire delle sacre allocuzioni, che forse, io metto il punto interrogativo, sono tratte dai ricordi orali dei Siculi dei primi poemi Vedici. Infatti la trascrizione dei poemi  del Veda risale solo al 3000 a.c., quando i Siculi gia erano partiti  da qualche millennio dalla Valle dell'Indo verso Occidente.  Del resto alcune delle poche iscrizioni tombali che ci sono pervenute, e che a me sembrano dei veri e propri versi poetici, risalgono al 1200/400 a.c. Non conosco purtroppo la metrica presanscrita del 5000 a.c..Ma anche, in questa tomba di Centuripe, l’idea del Labirinto, di cretese memoria, per la  trasmissione culturale ottenuta dai Sicani, che erano alleati del mondo Cretese Miceneo, e che ne impersonarono in Sicilia la facies culturale.

Ma ritornando al libro che mi sto onorando di recensire, e modestamente commentare, vi ho trovato una  affascinante epopea del popolo Siculo, ( Indeuropeo per definizione), che, come dice il prof..Enrico Caltagirone, si stabilì nella valle dell’Indo e di un altro grande fiume che, a causa di un forte cataclisma tellurico, si ingrottò, scomparendo quindi sotto terra, fondò la citta  di Sa(e)cala, da cui il popolo prese il nome di SECALESH, siculi, dunque cugini delle antiche tribù Arie dell’Indo, popolo guerriero per eccellenza da cui i Siculi ottennero le prime nozioni dell’arte della guerra, appresero sicuramente l’arte di costruire efficienti armi e macchine da guerra, che segnarono il loro futuro di contadini guerrieri, ma anche di naviganti guerrieri,nel loro ulteriore contatto, 3000 anni dopo con altre tribù Indoeuropee, a loro affini, che furono i Liburni, arte che poi trasferirono ai Romani. Roma fin dalla sua nascita conosceva i Falisci, i Siculi dell’Alto Lazio, del potente Ager Falericum. L'Ager si era sviluppato attorno a Falerii, città che s’interponeva ad altri Idoeuropei, quasi sicuramente Siculi anch’essi, che furono gli Etruschi e da cui partì la seconda ondata di migrazione ed invasione della Sicilia. Allora i Faleri si ricongiunsero ai primi Siculi che giunsero in Sicilia e che convissero in una relativa pace, per centinaia di anni con i Sicani, fino al 1200 circa a.c. quando con l’apporto falerico, a cui gli Etruschi delle città vicine, avevano mosso guerra. Quindi Siculi dovettero muoversi e sloggiare, attaccati da Etruschi ed Umbri, decisero così di marciare verso la Sicilia, si completò così l’occupazione Sicula della Sicilia, a danno dei Sicani, che si dovettero arroccare nelle alture della Sicilia centrale ed  occidentale. In ogni caso si saldò tra Falerium e Centuripe, un gemellaggio, che ebbe come fatto distintivo i Giochi Falerici. 

Ma i Siculi erano presenti, anche e soprattutto nelle due coste Adriatiche, quella balcanica, con Siculi, Liburni ed Atri, nonché con gli antenati degli attuali Albanesi. Erano presenti in quella italiana, verso la quale, vi erano frequenti passaggi: i Messapi erano Siculi, i Piceni erano anche Siculi, si conservano toponimi come Caccamo ( la bella Città) Atri, Adria ecc, lo stesso mare Adriatico è un toponimo Siculo, dato che fino a che i Bizantini non dettero il nome Jonio al tratto di mare che dalla Penisola Salentina  corre fino a Siracusa ed oltre, era inteso anche dai Romani “mare Adriatico”. Nelle Marche vi è stata l’opera fortunata di Claudio D’Angelo che ha scoperto località, iscrizioni ( sottoposte allo studio di Enrico Caltagirone), curiosità e ricerche che hanno attestato una Lingua Sanscrita purissima dalle Marche fino a Reggio Calabria (gli Ausoni), dove con Italo si ebbe il  primo vero e proprio regno d’Italia. Da alcuni anni è nato quindi un movimento culturale nuovo, che si propone di recuperare, non solo la memoria storica di questo popolo, che formò gran parte dei popoli italici, compresi i Romani. Ritornando sempre a Marco Tullio Cicerone, chiama i Siculi “ Padri Nobili di Roma, dove per completezza, Enrico Caltagirone ci dice che lo jato, la divaricazione tra Falisco Siculo e Latino, si ha  nei frammenti di iscrizione rilevati nell’antico Foro Romano con il monumento fondativo della Civis Romana che è la Lapis Niger.


Sono stato onorato dal prof. Enrico Caltagirone, di essere citato nel libro, per un quesito che gli avevo fatto a suo tempo, cioè se il Siciliano ed i suoi dialetti, sia lingua o solo un dialetto, la risposta ve la lascio leggere nel libro, ma giammai il Siciliano potrà essere declassato a vernacolo, "lingua dei servi nati in casa", la parlata del mercato o del quartiere. La Lingua Siciliana è la “lingua di mezzo”, tra il latino e il volgare italiano, come riconosciuto dallo stesso Dante Alighieri, nelle dissertazioni del “Dolce Stil Novo”, ove il poetare veniva inteso e denominato in “ Scriver Siciliano”. Oggi è la stessa UNESCO a riconoscere la qualità di Lingua Madre, Al Siciliano, intendendo per Siciliano anche il Calabrese dello Stretto di Messina ed il Salentino.


Seconda Parte 


Il Movimeto, coordinato da Claudio d’Angelo, con la sua  attività di ricerca storica e recupero e la divulgazione di alcune tradizioni importanti come la memoria di Ducezio, penultimo Re dei Siculi Siciliani e primo Re di Sicilia, coaudiuvato nell’attività anch’essa di ricerca sulla cultura  sicula siciliana di Lia Savarino e Nino Pracanica, e da tanti altri appassionati di storia patria, o ricercatori, poeti, scrittori  importanti, che mano a mano hanno dato e danno il loro contributo. Ma anche Editori siciliani che sono chiamati a dare un contributo di contenimento dei costi, per chi scrive in Siciliano, non è un movimento politico, ma un movimento culturale in senso stretto. Deve crescere, certamente come i movimenti culturali veri hanno sempre fatto per cambiare le impostazioni della cultura ufficiale ed accademica. Ora i punti di riferimento dovranno essere più allargati verso le istituzioni: Scuola ed Università innanzitutto, ma anche poeti e scrittori, a cui si richiede uno scatto d’orgoglio, di indirizzare il 50% della loro produzione in Lingua Siciliana, senza fare voli pindarici, ma agganciando anche la Regione Siciliana, fra i provvedimenti concreti ci sarebbero due proposte, un aiuto agli editori che pubblicano prosa e poesia siciliana, o storia della cultura siciliana; il rifinanziamento concreto e tangibile per lo studio del siciliano nelle scuole, il Centro Siciliano di Studi Filologici, in un’opera non solo di consevazione, oserei dire “ museale” della Lingua Siciliana e dei suoi dialetti, ma anche quella per la creazione di una lingua standard, moderna il più possibile depurata da arcaismi e localismi, di una grammatica e di una sintassi siciliane, mentre un contributo concettuale si richiede agli organizzatori di concorsi poetici e letterari, escludendo dai regolamenti la brutta denominazione di “Venacolo Siciliano”.

Non esiste il Vernacolo Siciliano: può esistere il Vernacolo della Civita a Catania, di Giostra e Camaro a Messina, della Kalsa o dell’Acquasanta a Palermo, quello della Vucciria ecc.ecc.

Enrico Caltagirone nel suo libro “ Origine e Lingua dei Siculi" fa uno specchietto di tutte le contaminazioni linguistiche che, oltre il latino (lingua sorella ed affine al Siculo) hanno interessato il Siciliano, ebbene, la parte più cospicua è quella di derivazione dal Siculo, che lui stima in oltre 250 sopravvivenze di lingua sanscrita nella Lingua Siciliana. E qui nasce un problema, grande come una casa che io pongo a Enrico Caltagirone, come completamento delle sue ricerche in un campo ancora più difficile:

Ma questi Siculi ed i Sicani, perché no? Oltre a creare una loro religione, Adrano, Thalia, Proserpina, la Madre Terra, Orione, Saturno, Gea ecc avevano una pratica artistica? Una poesia,una letteratura? Secondo me si, ma è stata cassata e cancellata da Greci e Romani. È chiaro che i Siculi si mossero dall’India prima del 3000 a.c. periodo in cui furono trascritti i poemi orali dei Veda, poi nelle loro peregrinazioni, hanno incontrato i Cananei ed i Fenici, che usavano l’alfabeto, che i Siculi portarono in Grecia, prima vi era la scrittura cuneiforme degli Ittiti, dei greci Cretesi Micenei, che avevano rielaborato dai Sumeri, quindi, ma è possibile che oltre a fare guerre ed ad inventare le micidiali “ Balestre Navali” o ad allevare pecore e capre, coltivare la vigna, addestrare cavalli e cani non abbiano trascritto i loro poemi orali per darle nelle feste delle varie città Sicano-Sicule? Perché il comune prefisso SIC secondo Enrico Caltagirone, me ed altri, dovrebbe significare qualcosa.


Ed allora, andiamo a modo d’esempio nella tradizione dei poemi omerici:

Così scrive Andrea Zoia del Politecnico di Milano:
Le più antiche testimonianze che la letteratura greca possa offrire sono due delle opere forse più famose ed apprezzate di ogni tempo dall’umanità intera: l’Iliade e l’Odissea; si tratta di poemi caratterizzati da una architettura talmente complessa e da una così grande perfezione stilistica, che ci risulta sinceramente impossibile collocarli all’origine di una tradizione letteraria senza presupporre che siano esistite esperienze letterarie anteriori, non sopravvissute fino a noi. E’ tuttavia corretto affermare che si tratta delle prime opere letterarie greche che ci siano giunte attraverso la scrittura: infatti dovevano essere indubbiamente esistite produzioni precedenti, appartenenti ad una letteratura prevalentemente orale, le cui tracce sono individuabili nella materia stessa dei poemi omerici e in genere della letteratura di età arcaica, ma che risultano altrimenti perdute per sempre

E sarà stato così anche per i Siculi.

GRAZIE prof. ENRICO CALTAGIRONE per il Suo impegno e per la sua passione scientifica e per le sue ricerche, che stanno portando luce, dove artificiosamente altri uomini hanno portato il buio:


ORIGINE E LINGUA DEI SICULI Edizioni EBS – Print - ARCORE- Giugno 2018

© Enrico Caltagirone, pp 120- Euro 15,00

ISBN 978-88-9349-370-3.

Altre pubblicazioni scientifiche:

Un grido dal passato         (2001)

La Lingua dei Siculi         (2003)

La lingua degli Etruschi   (2009)


By Antonio Cattino©11 luglio 2018.





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