in copertina, affresco dalla tomba delle leonesse, Tarquinia (V secolo a.c.) |
E’ questa l’ultima fatica editoriale del prof. Enrico Caltagirone, studioso di antiche lingue Indoeuropee che, seppure dalla sua condizione professionale di “Free researcher” ha creato dei veri e propri salutari terremoti in talune consolidate teorie “accademiche”, specie per quanto riguarda la genesi delle lingue indoeuropee.
Così lo è stato per la lingua dei Siculi, ed ora lo è per quella degli Etruschi, per quanto riguarda il collegamento, anche dell’Etrusco, con il Sanscrito.
Questo studio di Enrico Caltagirone, ripercorre con scientificità la storia dei flussi delle popolazioni indeuropee, basandosi sulle più recenti acquisizioni conoscitive, individua negli Etruschi uno di quei popoli, che insieme ai Siculi, fecero parte della Lega dei Popoli del Mare, che attaccarono ed invasero per ben due volte l’Egitto, negli anni della grande carestia, per approvvigionarsi delle cospicue riserve di cereali, che solo l’Egitto possedeva, in virtù della feracità del bacino fluviale del Nilo. Con un primo attacco nel 1210 circa a.c., preceduto da scorrerie ed invasioni verso quelle civiltà che avevano rapporti commerciali con l’Egitto o ne erano alleati, come i Cretesi-Micenei, come lo stesso impero Ittita che fu travolto ed iniziò il suo declino, proprio per gli effetti della bellicosità dei popoli del mare, che dimostrarono di avere il dominio marittimo ed armi efficienti a cui le città più munite e protette non poterono resistere.
Gli Etruschi in quel periodo erano stanziati da tempo nella penisola Anatolica, ed in particolare nella Lidia, erano un popolo di allevatori, di bovini e di cavalli, erano quindi pastori, contadini ed abili guerrieri, nonché commercianti.
Ricerche recenti di genetica applicata alla zoologia, testimoniano il fatto che la razza bovina chianina, presente in Toscana, conservi le stesse caratteristiche genetiche nella razza bovina tuttora presente in Turchia. Infatti gli Etruschi intorno all’anno 1000 a.c. dopo l’epopea nel Mediterraneo orientale ed in Egitto, decisero di percorrere nuove vie, questa volta per mare, verso occidente approdando in Toscana, forse informati dai loro commercianti di metalli della ricchezza dei giacimenti metalliferi dell’isola d’Elba e della stessa terraferma toscana, che tra l’altro, coi suoi corsi d’acqua e con le sue pianure e colline, si prestava molto all’allevamento ed all’agricoltura.
I ritrovamenti archeologici testimoniano di questo flusso migratorio fu imponente, sono stati ritrovati dei modellini di nave del tempo in cui si vede chiaramente, come una parte della nave fosse adibita al trasporto dei bovini e di altri animali come i cavalli, ed è certo che gli Etruschi portarono con loro migliaia di capi bovini, specie femmine per assicurare una numerosa riproduzione.
Gli Etruschi quindi si espansero sia verso Nord, verso la pianura Padana, verso la Liguria e la Costa Azzurra, raggiungendo Marsiglia, verso Est in Italia, con l’Emilia e la Romagna, verso Sud con gran parte del Lazio, partecipando alla fondazione di Roma in sintonia con i Latini dei Colli Albani. E poi ancora a Sud occupando la parte costiera della Campania. Quella degli Etruschi in Italia, fu quindi un’opera di stanziamento in grande stile, che conformò una vera e propria Nazione Etrusca, importando un nuovo stile di vita, più raffinato e organizzato politicamente intorno al nuovo elemento politico della Città Stato, che fu il motore di questa predominanza sui popoli italici, sconfitti o che subivano la loro egemonia.
La storia ci dirà però che questo elemento, di non costituire cioè un’entità unica statuale, abbia costituito la grande debolezza di questo popolo, che alla fine soccombette a Roma. Gli Etruschi sopravvissero però con la loro cultura che fu elemento fondante di civiltà, di arte come ricerca di bellezza, nonchè di pensiero, ma anche trasmettendo tecnologie e conoscenze scientifiche alla nascente civiltà romana.
Questo è un libro “prezioso” perché Enrico Caltagirone, oltre a fare un excursus, storico e linguistico degli Etruschi, mettendo alcuni paletti fermi, ormai incontrovertibili sulla provenienza “ orientale” di questo popolo, attesta con scientificità, che l’origine della lingua etrusca è da datare in un’epoca arcaica, quando nasceva nella valle dell’ Indo e nelle altre valli fluviali dell’India settentrionale il proto Sanscrito, parlata che ancora risentiva delle antiche lingue dravitiche che avevano caratteristiche agglutinanti, infatti questa caratteristica si è conservata nell’Etrusco attestandone l’antichità di questa lingua, poi portata nell’Anatolia ed in Lidia, percorrendo quindi vie diverse da quelle percorse dai Siculi per raggiungere l’Italia.
A tal proposito Enrico Caltagirone dice: “ Siccome la Lingua è rimasta intatta e diversa da tutte da tutte le altre, penso che possiamo collocare l’esodo verso il 6000 avanti Cristo. Tappe successive sicuramente la Persia (dove la lingua era simile), Mesopotamia ed Anatolia. In Anatolia si sono insediati nella zona dominata dagli Hurriti, che parlavano una lingua indiana. Tutte queste circostanze hanno permesso agli Etruschi di mantenere intatta nei secoli la loro lingua, mentre tutte le altre si sono modificate, evolute verso forme flessive.”.
Ma il libro e doppiamente prezioso perché contiene le traduzioni di scritti originali, tra cui segnalo, per importanza storico-geografica, la stele Lemnos databile al VI secolo a.c. che testimonia la presenza in quest’isola di una popolazione affine agli etruschi, con una lingua molto simile, quasi un dialetto etrusco. L’isola di Lemmo si trova proprio di fronte alla Turchia e molto vicina agli stretti che immettono nel Mar di Marmara.
LA MUMMIA DI ZAGRABIA
La maggiore preziosità di questo libro, la si trova però nella vicenda narrata nelle bende di una mummia, perché è il testo etrusco più lungo mai trovato finora, tradotto dallo stesso prof. Enrico Caltagirone, ma anche perché ci trasmette una tragica vicenda umana, accaduta circa 2.200 anni fa, facendoci pervenire quel grido, richiamato nel titolo del libro, lo svolgersi del funerale di una ragazza, uccisa dal suo violentatore, ed il caso fortuito che ce l’ha fatta pervenire a noi.
Velthina Aisuna che venne violentata ed uccisa da un uomo, in un giorno di circa 2.200 anni fa, quasi sicuramente in Egitto. Velthina era una ragazza di diciotto anni, che verosimilmente apparteneva ad una famiglia altolocata etrusca residente in Egitto. Il fatto straordinario fu che questa ragazza morì per mano di un uomo che la violentò e che il racconto del suo funerale, con le preghiere ed i riti canonici dei sacerdoti etruschi, sia pervenuto a noi dopo circa duemiladuecento anni.
Infatti nelle bende con cui è stato avvolto il corpo della ragazza dopo l’imbalsamazione, vi è riportato anche il fatto fortuito che ci ha fatto pervenire questa storia. Dopo la morte violenta, il corpo della ragazza doveva essere cremato, esso fu sistemato su una pira, ma al momento dell’accensione scoppiò un fortissimo temporale, un vero diluvio, che fu interpretato dagli Àuguri e dai familiari della giovane defunta come un segno degli dei, in particolare del dio Trin (Nettuno) , più volte richiamato dal sacerdote, divinità che avrebbero voluto invece la conservazione del corpo della ragazza per l’eternità.
Velthina era una danzatrice sacra, la famiglia, devota agli dei, acconsentì alla mummificazione. Nelle bende di lino avvolgenti il corpo vi è la cronaca del funerale, le maledizioni del sacerdote officiante verso il “capitano” assassino ( forse un ufficiale regio), la purificazione degli abiti della ragazza impregnati da quell’atroce peccato, l’invito ai presenti alla purificazione dello spirito, per accompagnare Velthina verso la nuova esistenza ultraterrena.
Queste strisce di lino, con le loro scritte, tradotte impeccabilmente dal prof. Enrico Caltagirone, che sottopose la sua traduzione alla maggiore autorità in materia di Sanscrito, il prof. Renato Turra, direttore, tra l’altro, della prestigiosa Accademia Alessandrina, ci hanno permesso di conoscere dopo millenni, una ritualità religiosa etrusca, e la spiritualità di questo antico popolo, che senza quell’accadimento fortuito non avremmo assolutamente potuto conoscere.
Scritto da Antonio Cattino, © -11 settembre 2018-
(*) Questo libro, è assolutamente da leggere, per acquistarlo mettersi in collegamento direttamente con il prof. Enrico Caltagirone, attraverso Messanger o nei messaggi privati di Facebook.
Oppure per E Mail: Encalt@libero.it
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