I- Ci hanno sempre detto che l’antico nome della Sicilia, Trinacria, (l’isola dalle tre punte), è stato coniato dai greci, ma la verità è che loro approdando per la prima volta in Sicilia, scoprirono che l’Isola già era chiamata così dai suoi antichi abitatori, i Siculi.
"Quando questi ultimi, provenendo dall'alta valle del Tevere, si affacciarono dalla rocca di Scilla, intorno al 1200 a.C., nel vedere al di lá del mare, la verde e rigogliosa propagine del Peloro, che culminava a Capo Faro; e videro anche le colline alberate, degradanti verso il mare, ed ai piedi di esse, la stretta piana alluvionale, intramezzata da piccoli stagni, da paludi e canneti, rigogliosa di piante mediterranee, non poterono trattenere un grido spontaneo partito dalle avanguardie della colonna, destinato a propagarsi in ondate successive per tutte le tribù: - TRINAKIYA!!! - ..." nome che i viaggiatori siculi avevano riportato al ritorno delle loro
visite in Sicilia, e che forse avevano appreso dai loro cugini etnici,
abitatori dell’Isola, fin da epoca più remota, si pensa 800 anni prima,
provenienti dalla Spagna, dove erano approdati in epoche più antiche, ossia i
Sicani. Sulla base delle poche iscrizioni che ci hanno lasciato è possibile
ipotizzare che i Siculi parlassero una lingua di diretta derivazione dal
sanscrito, così come gli Etruschi i quali però hanno lasciato una documentazione
scritta più copiosa, mentre pochissimo sappiamo invece dei Sicani e della loro
lingua. Ritorniamo alla Trinakria
poiché a seguire questi percorsi della protostoria mediterranea potremmo
perderci per strada, il fatto certo è che in lingua Sanscrita TRINA significa:
vegetazione, erba, parco, bosco, giardino; mentre KRIA singnifica: fatta, creata,
costituita (corrispondente al latino CREO) o rimasta nel sicilano : CRIA/TURA.
“I Siculi quindi,alla vista di tanto splendore,”scrive il prof.Alfredo
Rizza, nel suo saggio”Origine Orientale del Siciliano” casa editrice
Marna,2008,”non trovarono di meglio che identificarla con il Giardino
dell’Eden, ed infatti la chiamarono TRINAKRIA cioè GIARDINO.” Iniziò così con
un amore a prima vista la storia, ancora non scritta della Sicilia; infatti i
Siculi cominciarono a scrivere nella loro lingua, con la venuta dei Greci,
adottandone l’alfabeto greco e non l’idioma, e fecero ciò lo intorno al V
°secolo ac, per l’esigenza di poter comunicare con i nuovi venuti, trattare
affari commerciali, intrattenere rapporti di vicinato. In città come Zankle e
Siracusa, dove i Siculi venivano chiamati spregiativamente dai Greci con
l’appellativo di Killikirioi (asini) vi era un regime di bilinguismo ed il
toponimo Zankle o Dankle ( la falce) (l’odierna Messina) era stato dato dai
Siculi, termine che i greci non cambiarono, ma anzi fu incorporato nel loro
glossario per indicare la falce.
II - La cultura
sicula era una cultura certamente molto primitiva, di tipo agro pastorale, dove
avevano spazio temi come l’amicizia, i fenomeni della natura, il regno animale,
il volgersi delle stagioni, la fertilità della terra, l’acqua ed il sole, la
fede alla parola data, il culto dei morti. Si sono tramandate notizie su danze
rituali, specie in occasione di matrimoni e funerali, cosa che si riscontra
ancor oggi in alcuni paesi dei Balcani,come la Bulgaria o l’Albania, nazione
quest’ultima la cui lingua è molto contaminata dal lessico siculo ( da notare
che i Siculi prima di passare definitivamente in italia, stazionarono per lungo
periodo in quei territori che oggi formano l’Albania.) La penisola Salentina,
poi, interessata dal flusso più intenso degli sbarchi, ed in cui diverse tribù
sicule si radicarono, diventando forse Messapi, conserva una lingua molto simile
al siciliano, tanto che gli studiosi e gli organismi internazionali preposti
allo studio delle lingue, la considerano una variante della lingua siciliana,
come del resto lo è il calabrese del Reggino nella bassa Calabria.
III - Quanto alla
produzione culturale ed artistica dei Siculi, in mancanza di testimonianze
attendibili,non disponiamo di testimonianze letterarie ma possiamo ipotizzare,
sulla base degli strumenti musicali tramandati ( il flauto singolo o fischietto
o la sua versione multipla del flauto
di Pan, lo scacciapensieri detto comunemente marranzano che fu prima di canna e poi di metallo, il tamburo in varie espressioni ma non è escluso che conoscessero l’arpa) che la musica accompagnasse le danze corroborate quasi sempre da ricche libagioni di vino.
di Pan, lo scacciapensieri detto comunemente marranzano che fu prima di canna e poi di metallo, il tamburo in varie espressioni ma non è escluso che conoscessero l’arpa) che la musica accompagnasse le danze corroborate quasi sempre da ricche libagioni di vino.
Dagli storici greci apprendiamo che avevano una alta conoscenza dell’arte della politica, come dimostrato da alcuni fatti importanti:
A) La costituzione della federazione con i Sicani e la fondazione di una capitale unica, sita forse vicino ad Enna, significativamente chiamata “TRINAKRIA” quindi la “Città Giardino” dove i re si alternavano periodicamente fra l’etnia Sicula e quella Sicana.
B) L’epopea e l’azione politica del grande condottiero siculo Ducezio che nel 453 ac iniziò una lunga guerra di liberazione contro i Greci, fondando la lega delle città Sicule e da esse venne proclamato RE, dopo varie alterne vicende,sconfitto e costretto in esilio a Corinto,dopo 4 anni ritornò in Sicilia ed elesse Calè Acte (Caronia) come sua ultima capitale; dopo la sua morte rima-
se nella memoria dei Siculi-Siciliani come il primo RE di Sicilia.
IV - La religione dei Siculi si
interessava ai fatti ed ai fenomeni della natura, all’alternarsi delle
stagioni; le divinità erano quindi Demetra, personificazione della Madre Terra
e mutuata probabilmente ed associata nei Siculi al culto di Core, dea della
fecondità, era presente anche Gaia la dea che emerge dalla natura agricola e ne
diviene protettrice. Un culto particolare, autoctono e non importato fu per i Siculi
quello di Adranon, rappresentato da un cane che aveva un grande santuario alle
falde dell’Etna protetto, si dice, da mille cani, certamente centinaia di
molossi che, addestrati dai sacerdoti del tempio, non aggredivano i pellegrini
durante il giorno, anzi familiarizzavano con essi, guidandoli nelle visite,
culto associato a quello per la divinità
ETNA, nell’ovvia individuazione nel Vulcano, la Madre del territorio siciliano.
Insieme a quello per Adranon, assunse una grande valenza nazionale per i Siculi
il culto dei Fratelli Palici, una coppia di gemelli abitatori del le profondità
della Sicilia, dei due laghetti di Naftia, alla periferia di Palagonia, ancora
esistenti situati nelle campagne fra i
Comuni di Mineo (Minoa ) e Palagonia (Palikè- Trinakrie) , oggi non più
visibili in quanto inglobati in uno stabilimento industriale, furono sede
nell'antichità del culto dei fratelli Palici, divinità Ctonie. La
leggenda,tramandataci da Diodoro Siculo,e da altri storici greci e romani dice
che nelle profondità del laghetto, abitavano i due fratelli figli di Giove
Etnio e della Ninfa "Thalia", ai margini del lago vi era un tempio
arcaico, molto suggestivo, con un portico monumentale colonnato, dove si
amministrava il culto, sede di una confraternita di religiosi che, ispirati
dalle due divinità, discernevano il vero dal falso nei giuramenti, punendo con
la perdita della vista ogni spergiuro. Infatti spesso qualche convenuto veniva
visto uscire privo della vista dal tempio, poichè esposto nel pronunciare il giuramento
ai vapori e alle esalazioni che uscivano dalle acque del lago, ne era stato
leso proprio nella vista... Altrimenti veniva scritto il giuramento su una
tavoletta di argilla, e se il giuramento o l'impegno era veritiero la tavoletta
sarebbe riemersa a galla sospinta dai ribollii delle acque. Fin qui la leggenda
dei fratelli Palici su cui non mi dilungo oltre. Le espressioni siciliane
" Orbu 'i l'occhi avissi
addivintari,si non dicu la verità" = "se non dicessi la verità dovrei
diventare cieco degli occhi" (o simile) o "la verità veni sempri a
galla"... derivano da quel popolo che visse in Sicilia fin dal 1200
avanti Cristo,e che ci ha donato tramandandolo eroicamente, spesso, vocaboli
come il verbo TALIARI (guardare)...dal Siculo THAL (guardare), AMMUCCIARI da
AMUC-CIAR (velare - nascondere) o modi di dire, simili a quelli illustrati.
Risalta infine quella innata consuetudine di accompagnare il nostro parlare con
una espressiva gestualità, usanza che ci fa pensare che essa era l'unico modo per comunicare con i
forestieri ed i conquistatori (come i Greci o i Fenici o gli stessi Romani) che, eccetto i Romani, parlavano lingue molto distanti e sconosciute .
note: I
riferimenti storico-linguistici,
*" La Lingua dei Siculi" di Enrico Caltagirone - Marna Edizioni – 2003 ;
*Saggio del prof.Alfredo Rizza,”Origine Orientale del Siciliano” casa editrice Marna,2008”;
*Consultazione del saggio “Storia dei Siculi” di Claudio D’Angelo, editrice Drepanum 2015.
*" La Lingua dei Siculi" di Enrico Caltagirone - Marna Edizioni – 2003 ;
*Saggio del prof.Alfredo Rizza,”Origine Orientale del Siciliano” casa editrice Marna,2008”;
*Consultazione del saggio “Storia dei Siculi” di Claudio D’Angelo, editrice Drepanum 2015.
ANTONIO CATTINO – nota del 12 maggio 2013, rivista nel mese di Giugno 2017.
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