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JOSÈ RUSSOTTI – ARRERI Ô SCURU (Dietro al buio) - Poesie, Messina 23 febbraio 2020.


Pubblico il mio intervento recensivo pronunciato alla presentazione della raccolta di poesie di Josè Russotti ARRERI Ô - SCURU (Dietro al buio),   tenutasi il 23 febbraio u.s. a Messina presso l'Associazione Culturale " Le Cicalate"

Leggere le poesie di Josè Russotti nella silloge <Arreri ô Scuru> ha avuto per me il significato di passare in rassegna la vita di questo poeta ed artista, scorrendone le sue intimità più recondite, i suoi percorsi di vita, segnati spesso dalla sofferenza, ma anche da una ferrea volontà di andare avanti. Josè di cui mi onoro di essere amico, è una persona squisita e sensibile, schietto e leale, ha tutte le caratteristiche per essere un poeta, poichè pensa da poeta e vive la sua vita con quel tipico straniamento dal quotidiano e dall’ordinario che è proprio dei poeti. Credo, senza timore di smentita, che Josè sia uno dei poeti tra i più interessanti che possiamo enumerare in Sicilia.

La sua poesia è corposa e potente, piena di metafore e forti figurazioni, una poesia fortemente ancorata ai luoghi ed alla vista totalizzante dell’Etna che sovrasta la sua Malvagna al di là del fiume che scorre nella valle dell’Alcantara e da cui il nostro Poeta prende quella forza e quella potenza narrativa, che invade la coscienza di chi lo legge o lo ascolta, fino a trascinarlo nel vivo dei suoi sentimenti e dei suoi tormenti. 

Con questa raccolta di poesie, scritte in dialetto malvagnese, e tradotte a fronte pagina in lingua italiana, in vere e proprie poesie in italiano, scopriamo non solo il poeta ma anche l’uomo. Le due figure che come dicevo prima, in Josè si sovrappongono e si integrano a vicenda. 
In lui c’è la sofferenza per un’infanzia ed un’adolescenza sottratte, fatto che segna la sua vita e conforma la sua affettività.

Testimonianza ne sono le liriche dedicate alla moglie (a Maria), amore, come lui afferma di 40 stagioni, che rinnova nei suoi versi, ma che diviene anche rifugio ed approdo per i momenti più scuri della vita.

Mi  sono anche soffermato sulle poesie dedicate al padre, che morì quando lui aveva solo 11 anni, una figura che nella vita gli è tanto mancata e che lui non smette mai di cercare.

Il ricordo della madre è struggente, le liriche a lei dedicate sono di una dolcezza e di una malinconia estreme:

Il ricordo del momento della sua morte, a cui lui assistette e ne colse l’ultimo respiro, insieme a quello delle sue ultime intense parole, sono fissati nella lirica Ô capizzu (Al capezzale): “ Figghiu! Staju murennu, ora e pi sempri”  (“Figlio sto morendo! Ora e per sempre”) – esse sono rimaste stampate nella sua memoria, che si fanno sofferenza dell’anima quando si rammarica di non avere pronunciato mai a sua madre, quando era in vita, quelle parole di affetto e di amore filiale che avrebbe voluto pronuciare. Nella raccolta emerge dunque un senso di estrema solitudine che ora confessa alla madre nella lirica SURU (Solo):

Jò sugnu vivu e dannatu
a scuntari i jorna chi mi restunu,
suru e pessu, luntanu i tia,
a cuntari i milli parori
chi nun ti dissi mai.
(Io sono vivo e dannato/ a  scontare i giorni che mi restano/ solo e perso/ lontano da te,/ a contare le mille parole che non ti dissi mai).

Sono poi le poesie sociali, tra le altre segnalo (Ninu Bongiovanni, u putaturi) e (Putedda d’a Jnesra) - che danno  la cifra sociale di Josè Russotti, evidenziando quel senso di giustizia sociale mai sopito, ma che si rinnova nel tempo.

Detto questo, devo sottolineare però, l’amore di Josè per il suo paese natale Malvagna, di cui lui piange il progressivo spopolamento ed a cui ha dedicato, l’opera di codifica del suo antico dialetto nelle due sillogi dialettali, questa <Arreri ô Scuru> e <Fogghi Mavvagnoti> nel 2002; un lascito linguistico di cui si fa donatore per Malvagna ed i suoi giovani, che avranno modo di riscoprire la loro lingua madre, ma che  più complessivamente rappresenta un contributo alla cultura siciliana.

Antonio Cattino 23 febbraio 2020.

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