ODOS, come strada, ma meglio ancora percorso; si questo nuovo libro di MARIA PIA CRISAFULLI è la tappa di un percorso che lei, giovanissima scrittrice e raffinata poeta, ha intrapreso per le strade della vita che nei percorsi più irti della letteratura. Credo con risultati lusinghieri, considerando il suo percorso scolastico ed universitario ed il suo curriculum artistico. La prima volta che l'ascoltai fu come poeta, lei aveva 18 anni era alla vigilia dei suoi esami di maturità, credo fosse la primavera del 2014, mi colpì subito il fluire maturo delle sue rime, eravamo a Santa Teresa Riva, in provincia di Messina ad un evento dell'Associazione Culturale " Il Paese di Fronte al Mare" diretto dalla multiforme e brava artista Melina Patanè e dall'altrettanto bravo Poeta e commentatore letterario Antonello Bruno. Maria Pia mi fece un'ottima impressione, che io ho cercato, nel tempo trascorso, di approfondire, e non ho trovato altro che miglioramenti e grande volontà di fare e di creare. Ciò non mi sembra poco, in una realtà sociale e culturale in costante degrado che incatena le persone ed i giovani al luogo non luogo che è il mondo virtuale dell' informazione elettronica, in cui menti, anche illuminate per le loro cerchie ed interessi, i ricchissimi imprenditori del fatuo, contribuiscono a relegare la cultura agli ultimi posti degli interessi della gente e dei giovani in particolare. Maria Pia resiste, scrive, anche bene, crea le sue immagini fatte di parole e di idee supportate dalla sua cultura in crescendo, approdando ora dalla poesia al racconto, in maniera sistematica, pubblicando una raccolta, di cui mi ha voluto inviare un'anteprima, un racconto, a cui lei è molto legata, "Memorie nel cassetto", un racconto che io ho recepito in doppia lettura, cioè decontestualizzandolo dalla storia in sè, penso che vi sia molto di autobiografico, in quella figura di professore, almeno nel suo percorso di vita, oppure in quell'inusuale svolgimento di tema, che il ragazzo del racconto, Matteo, consegna al giudizio del professore. Ma in Sicilia e complessivamente al Sud è molto difficile per le famiglie dei lavoratori, mandare i figli agli studi, al liceo e poi all'Università, e questa è storia comune di tanti e tanti ragazzi come Matteo e Maria Pia che pur nei loro ricordi serrati nel cassetto, non sempre belli, irrompono nella vita con la voglia di costruire un futuro migliore per sè e per gli altri, e spesso, come io auguro a Maria Pia, ci riescono... (a.c. sax)
Memorie nel cassetto
Ricordo il mare, quell'infinita distesa d’acqua salata che sapeva di lacrime. Così l’ho sempre immaginato, il mare: un piagnisteo di gioie e dolori difficili da confessare e impossibili da tenere per sé. Da ragazzo andavo spesso sulla riva, mi sedevo e gli raccontavo i miei segreti convinto che lui potesse capirmi e consolarmi.
Mio padre era un pescatore, un uomo semplice che ha fatto mille sacrifici e mille debiti per farmi studiare, è a lui che devo molte cose. Mi piaceva scendere alla baia ad aiutarlo: amavo l'odore delle reti impregnate di iodio e pesce, contemplavo la fatica dei pescatori,la loro involuta saggezza. Sembrerà strano, ma desideravo
quello per il mio futuro; peccato che papà non la pensasse allo stesso modo. E aveva ragione. “Il tuo posto deve essere ad una scrivania: tu ha fari u prufissuri. Dutturi t’hannu a chiamari i cristiani. Non poi fetiri 'i pisci comu a mia!” Mi diceva sempre con la sua aria da personaggio uscito fuori da un romanzo di Verga.
Mi manca.
Dopo tanti anni ancora non mi sono abituato alla città, a quella
sua frenesia notturna e mondana. Io sono nato in Sicilia, in un paesino di fronte al mare, con la sabbia che ti entra nei vestiti e la salsedine che ti brucia gli occhi. Dovete sapere che su quell'isola, anche se sali sulla più alta delle montagne appenniniche, si sente il rumore del mare. Sì, è come se l’aria che ti circonda fosse una grande e invisibile conchiglia. Qualcuno ha detto che siamo noi siciliani ad avercelo dentro, il rumore del mare, per nostra natura.
E lo sentiamo dovunque. Sarà per questo motivo che io riesco a sentirlo anche qui, a tanti chilometri di distanza.
Sono partito presto. Dopo essermi laureato in lettere e aver vinto il concorso a cattedra, sono stato convocato da una scuola di Milano. Ero giovane; qui, a detta di molti, “futuro non ce n’era!”
Se volevi fare strada dovevi partire. “Questa Terra è bella e maledetta”
Diceva sempre mio nonno, anch'egli pescatore. Lui, come il resto della mia famiglia, era orgoglioso di me: ero il primo che si era laureato, l’unico a cui non sarebbe toccata la vita in mare e devo dire che la cosa un po’ mi dispiaceva. Io volevo restare.
Ma la vita è fatta di scelte e, paradossalmente, molte volte non sei
tu a poter decidere.
Salendo su quel treno, il giorno in cui sono partito, lasciai molte
cose. Ancora adesso che ho quasi quarant'anni e giornate piene
la nostalgia si fa strada nella mia mente: il mare, il cielo limpido
senza la nebbia, gli affetti, i sogni di un ragazzo che crede di poter
avere il mondo nelle sue mani. Questa, un tempo, era la mia vita: un’adolescenza spensierata fatta di emozioni semplici. Di dolori ce ne sono stati, certo: ho versato tante lacrime, eppure, ora che ci ripenso, quelle lacrime mi hanno aiutato a diventare ciò che sono, mi hanno dimostrato che ogni uomo ha delle debolezze, dei limiti ma anche tante risorse e tanti talenti che vanno cercati e coltivati, spesso, in un luogo diverso da quello in cui sei nato e nel quale hai scommesso.
Ci sarebbero ancora tante cose da dire, tante esperienze da raccontare, ma molte non riesco proprio a ricordarle e, quando mi sforzo di farlo, avverto un peso sullo stomaco, una malinconia e un'impotenza che non so spiegare. Il presente è costellato da rimorsi e rimpianti, si dice. Forse è da essi che nasce questo blocco interiore. O forse ho semplicemente paura di ricordare, di perdermi in quel labirinto di cose vissute e perdute dal quale è difficile uscire senza lasciarci un pezzetto di cuore.
L’altro giorno, per trovare spunto e consiglio da menti critiche,
sveglie e dirette - a volte, troppo dirette - ho lasciato ai miei studenti come traccia per il tema del compito in classe una citazione di Woody Allen; è un personaggio che di solito ai giovani piace:
“Cos'è un ricordo? Qualcosa che hai o qualcosa che hai perso
per sempre?”.
Con questa traccia ho avuto modo di scoprire nuovi aspetti dei miei ragazzi che mai mi sarei aspettato: in loro si nascondono dei veri poeti. C’era chi descriveva il tempo andato come “un aquilone
volato via con il vento, che tu vorresti inseguire ma che ti scappa di mano”; chi citava Pavese o Carducci; chi rimpiangeva una storia estiva definendola il “primo vero grande amore della mia vita” non sapendo ancora che di “primo vero grande amore”
ce ne sarebbero stati tanti altri. Insomma, mi sono ritrovato tra le
mani davvero bei lavori, molto maturi; la traccia ha incuriosito e
coinvolto, però nessuno, in fondo, aveva centrato il tema. Tranne
uno.
Stava per suonare la campanella, dopo tre ore di compito in classe quasi tutti avevano consegnato. Al fatidico “drin”, mentre gli altri ragazzi uscivano di corsa per la ricreazione, Matteo Trifogli, “l’ultimo dell’elenco ma il primo della classe” si avvicina con un’aria stremata. Le sue solite otto colonne, pensai. Invece, per mia enorme sorpresa, mi consegnò il foglio bianco e immacolato.
Stavo per dirgli qualcosa, quando scosse la testa come a dire:
“Lasci stare, mi metta il voto e via”. Non replicai, sapevo che
non era da lui. E infatti, mentre aprivo il suo fascicoletto, vidi un
punto nero in mezzo al foglio e, in calce, una frase che mi spiazzò:
“Ecco cos'è un ricordo, professore: un punto nero e invisibile in mezzo a un foglio bianco, proprio come questo. Un ricordo è qualcosa d’insignificante all'apparenza, ma che lascia un segno indelebile... qualcosa che spesso fa male ma che nonostante tutto lo spazio che hai a disposizione per sminuirlo e dimenticarlo non puoi far finta di non vedere: è una macchia che non va via, puoi provare a nasconderla, con il passare del tempo sbiadisce, ma lascia comunque un’impronta, segna il tuo foglio, la tua vita...per sempre: è una parte integrante di esso. Sei tu a voler credere che non esiste, ma sai che c’è.
P.S. perdoni l’italiano un po’ impacciato: quando si tratta di parlare di cose che ci riguardano e ci toccano nel profondo, si scrive di getto, senza neanche rileggere quanto scritto, per non fargli perdere la sua autenticità. Ce l’ha insegnato lei. Quindi faccia come se gli anacoluti fossero voluti. Licenza poetica, Prof!;)”
Certo, licenza poetica, e la sintassi qui ce le siamo giocata! Sbuffai,
persino l'emoticon. Eppure quel tema era perfetto e un 9 lo
meritava, perché Matteo, nella sua spensieratezza di ragazzo, aveva
ragione, aveva già capito tutto. Con una risata finale ho recepito
il suo messaggio: in verità non si dimentica mai, si tenta
solo di mettere da parte i ricordi, di chiuderli nel fantomatico
“cassetto della memoria” che poi tanto fantomatico non è.
L’aprirlo per ripescarli fuori è solo una questione di volontà,
una libera scelta.
Sta a me decidere.
Sta a me decidere.
Maria Pia Crisafulli |
Biografia di Maria Pia Crisafulli
Mariapia Crisafulli è nata a Messina nel 1996 e vive a S. Teresa di Riva (Me). Conseguita la maturità classica, attualmente frequenta la facoltà di Storia, politica e relazioni internazionali presso l’Università di Catania. Collabora con enti e associazioni rivolti alla promozione dell’arte e della cultura; i suoi testi sono stati pubblicati in antologie, su riviste, quotidiani e vari siti (Scrivere, Emergenza Scrittura, Il mio giornale, Libreriamo...). Nel 2012 ha pubblicato la sua prima opera letteraria, una silloge poetica dal titolo Un’altra notte d’emozioni (Kimerik) presentata alla XXVII edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino. In questi ultimi anni è stata insignita di numerosi riconoscimenti, nazionali e internazionali, negli ambiti della poesia, della narrativa e della saggistica, tra i quali il Roncio d’Oro, il Premio Bertelli, il Premio Città di Ancona e il Premio Zappalà.
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