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Due racconti del poeta trapanese Alberto D’Angelo nel dialetto della sua città ( con traduzione in lingua italiana ).


Alberto D'Angelo

Questi due brevi racconti di Alberto D’Angelo, rappresentano idealmente la tappa finale del suo intenso ed originale percorso letterario, che lui ha saputo intrecciare con la sua vita, ed in particolare con la seconda parte della sua vita. Alberto D’Angelo, un poeta e narratore dialettale, comincia a pubblicare nel 1986, a sessantuno anni, una silloge poetica in lingua italiana ”Cuore, Canta”, poi nel 1990 “Cu lu cori 'n manu”. in dialetto trapanese. Nel 1997 pubblica una raccolta di racconti brevi in dialetto “ Ascuta” da cui ho estrapolato i due racconti che pubblico in questo mio blog. Racconti che risentono felicemente della particolare sensibilità del  Poeta.
Alberto D’Angelo infatti,  passa dal racconto di una vicenda sentimentale della sua gioventù, prorompente piena di curiosità e passione, di “ Senz’Addicariti” (Senza abituarti) alla maturità compassata di “ Teresa”. Nel primo racconto il ricordo  diventa struggente per un’oggetto d’amore che lui giudica senza paragoni, amore ricambiato, ma impedito dalle convenzioni e dagli impegni sociali, “Mi piacìa di mòriri! Ma iu era maritatu e idda puru” (mi piaceva da morire! Ma io ero sposato e lei pure …).  E lei, la donna amata, che ama anch’essa, all’unico incontro d’amore dopo aver ricambiato il suo bacio con la forza della passione, “Mi vasau puru idda, forti-forti… : “Però senz’addiccàriti”, mi dissi…” “ Mi baciò pure lei con grande forza”,” Però senza abituarti, mi disse …”. Il testo è largamente pervaso da una riflessione filosofico-morale, è ambientato alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, forse all’inizio degli anni ’60, non c’è ancora l’istituto del divorzio e nel codice penale vige anche l’istituto del delitto d’onore. Un clima quindi, in cui gli elementi moralistici ingabbiano l’amore, chiudono i cuori, cingono il matrimonio di una chiostra invalicabile al di là dei sentimenti, dell’uno e dell’altro coniuge. Il poeta quindi s’interroga su cosa sia il peccato, con argomentazioni laiche e moderne, come è moderna la struttura della narrazione con pochi “segnetti”, che denotano una tendenza di scrittura, che sarà poi seguita da tanti poeti dialettali siciliani. Scrive Salvatore Di Marco, filologo, poeta e letterato, nella presentazione della Silloge di Alberto D’Angelo “ Mumenti” “ … Poesia della nostalgia e della memoria, canto del più profondo sentire dell'uomo: questo vi è in Mumenti, dove i versi sono riportati in un dialetto che sa essere insieme rispetto della tradizione linguistica dell'area trapanese (lo si rileva di più dal punto di vista lessicografico che da quello morfosintattico, con rare segnature ortografiche)”. Questo modo nuovo di scrivere e poetare in dialetto che pian piano in ogni provincia, con le caratteristiche lessicali proprie, ritorna a farsi lingua, lingua siciliana, è presente anche nell’altro racconto poetico “ Teresa” in cui il poeta e narratore  ricorda l’incontro in età oramai matura, con una sua vecchia compagna di classe, Teresa, di cui, da adolescente, si era perdutamente innamorato, ma che riconosce solo per l’aiuto della moglie che l’accompagna, tanto si era trasformata, da bellezza in fiore della sua adolescenza, in una vecchia signora, malferma, curva e rugosa. Lo scorrere della vita dunque, la nostalgia del ricordo, la dura realtà del presente che cancella ogni trasporto ed ogni passata illusione d’immortalità della bellezza. Alberto D’Angelo incarna altresì il ruolo del “ Poeta Narratore, trova tensione poetica nel raccontare, ricordi, personaggi, significative situazione della vita, ambienti e natura non scadendo mai nel banale o nel vernacolare, modo di scrivere che non ha crisma letterario. Egli percorre i suoi ricordi e la sua nostalgia costruendo un sapiente ordito, tra  dialetto, poesia e narrazione. Gioacchino Aldo Ruggieri, infatti nella sua prefazione alla silloge “Ascuta”, tra l’altro, scrive:
 “… Le poesie di Alberto D'Angelo sempre hanno prodotto in me sensazioni narrative, di un raccontare aulico e coinvolgente al tempo stesso nella sua semplicità e genuinità di pensiero, per questo, sentendogli commentare ed aggiungere "cose" alle poesie che leggeva Ida, la moglie ispiratrice e comprensiva ascoltatrice dei suoi ricordi, cercai di convincerlo che nei suoi versi c'era l'embrione di un grande ritorno per la letteratura in lingua siciliana: il racconto breve che ormai da tempo non si legge a livelli di effettiva presenza nel mondo appunto della letteratura, se si eccettuano i tentativi ironici o caricaturali di alcuni pur pregevoli interpreti di sentimento popolare.”          
Quanto scritto dal prof. Ruggieri, con cui concordo, mi permette di dire che sarebbe auspicabile che i Comuni di Valderice e Trapani si facessero promotori, insieme all’Associazione < Amici della Casa del Poeta>, dedicata all’opera del poeta Alberto D’Angelo, di una iniziativa per ristampare e diffondere, l’intera produzione del Poeta e Narratore Valdericino.--------------------------------------------------Febbraio-2017 - a.c.(sax)




SENZ’ADDICCARITI (Senza abituarti)
Piccatu? E socch’è lu piccatu? Piccatu è chiddu chi nni nzìgna lu parrinu, 
o piccatu è ‘na cosa tinta chi facemu?!E socch’è ‘na cosa tinta?
Ammazzari è cosa tinta; ma nnammuràrisi puru?
***
Mi piacìa di mòriri! Ma iu era maritatu e idda puru. Cianina, carinusa; 
lu purtamentu affatturatu; du’ occhi sperti, risulenti, di zùccaru.
E nautra cosa: ‘na picciotta pulita. Iu, ci appizzava l’occhi e lu pinzeru, ma…
Sapia chi puru idda mi taliava nnammurata, e chi puru idda pinzava a certi cosi: famigghia… figghi…E poi, autri tempi.

Megghiu? Peju? Nun lu sàcciu. Sàcciu però chi, a parti tuttu, nun c’era ancora lu divorziu e perciò, a ‘ddi tempi, puru pi la liggi èramu piccatura.
Era piccatu sulu tannu?
E’ piccatu puru ora?
***
Un jornu chi ci-nni fu lu largu, cci dissi quantu mi piacia…
L’abbrazzai, la strincivi a lu me’ cori, e m’a vasai. Mi vasau puru idda, forti-forti… : 
“Però senz’addiccàriti”, mi dissi.
E cci liggivi ntall’occhi chiddu chi cci passava nta lu cori e nta la menti a ‘ddu mumentu: “Ti vogghiu bbeni assai, però, ti preu, aiùtami a vulìriti bbeni accussì, 
com’ha statu finu a ora.”
E iu misi li catini a lu me’ cori, e a chiddu d’idda.
La so’ vuci trimanti e l’occhiu russi, 
era prièra sciuta di lu cori.

Traduzione in lingua italiana

Senza abituarti
Peccato? E cos'è il peccato? Peccato è ciò che ci insegna il prete, o peccato è una cosa cattiva che facciamo?
E cos'è una cosa cattiva? Ammazzare è cosa cattiva; ma innamorarsi pure?
***
Mi piaceva da morire! Ma io ero sposato e lei pure.
Graziosa; simpatica; il portamento distinto; due occhi vivaci, risolenti, di zucchero. E ancora una cosa: una ragazza pulita. Ci perdevo gli occhi; ma...Sapevo che anche lei mi guardava innamorata, e che anche lei pensava certe cose: famiglia... figli...E poi, altri tempi. Migliori? Peggiori? Non lo so.
So però che, a parte ogni cosa, non c'era ancora il divorzio e quindi, a quei tempi, anche per la legge si era peccatori. Era peccato soltanto allora? E' peccato anche ora?
***
Un giorno, che ne ebbi modo, le dissi quanto mi piaceva... l'abbracciai, la strinsi al cuore, e la baciai.
Mi baciò anche lei forte-forte...: "Però senza abituarti", mi disse. E le lessi negli occhi quanto le passava nel cuore e nella mente in quel momento: "Ti voglio tanto bene, però, ti prego, aiutami a volerti bene così, com'è stato sin'ora".
E io misi le catene al mio cuore, e a quello di lei.
La sua voce tremante e gli occhi rossi
era preghiera che usciva dal cuore.

TERESA

Vecchia… caruta… c’u rosariu ‘n-manu…“Chissa è Teresa!” – mi dici me’ mugghieri .
Cercu ‘na nnimma (indizio)… ma stentu a truvari ‘u rassumigghiu.
Forsi l’occhi… lu modu di vardari…: 
un bbuttuni di rosa, chi sdiçiurìu e addivintau munnizza.
***
Dudici-anni! E semu a’ sicunna classi di lu Stitutu Tennicu Calvinu.
Cu nuatri màsculi, puru tri signurineddi: Pia, Giuvanna e Teresa; ‘na classi mmiscata, e, pi ddi tempi, ‘na cosa stramma.
Nuatri, ‘na vintina di màsculi, tutti a manciarinìlli cu l’occhi, a fàrici la corti.
Tri signurineddi vivi, sperti, tutti tri beddi.‘N-fantasia, semu tutti ziti cu iddi: 
cu’ di Giuvanna, cu’ di Teresa, cu’ di Pia.
Deci ziti pi ognuna. Teresa è la cchiù cianina: lu curpiceddu finu; li capiddi bbiunni e longhi; e ‘dd’occhi, chi pàrianu du’ stiddi.
C’è bbisognu di dillu?! Iu sugnu nnammuratu di Teresa e sugnu lu so’ zitu… 
‘n-fantasia.

***
Poi canciai scola, e la persi. La vitti ‘na vota, doppu tant’anni, maritatu iu e maritata idda: “Bbertu!” ... “Teresa!” …  e nn’abbrazzàmmu.

***
Ora mi la ritrovu pi davanti, vicchiaredda: va a la chiesa, sgranannu lu rosaru. 
Sunn’è pi me’ mugghieri, mancu la canùsciu. Sulu la vucca, l’occhi, quarchi cosa, 
di ‘dda Teresa cu li capiddi biunni, c’u focu dintra e 'a primavera ‘n-facci.
Teresa! … Bbertu! …Un vasuneddu… E cu passu traballanti s’abbìa a la chiesa 
cu lu rosariu ‘n-manu.


TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA


TERESA


Vecchia... malandata... col rosario in mano...
"Questa è Teresa" - mi dice mia moglie -.
Cerco un indizio... Ma stento a trovare la somiglianza.
Forse gli occhi... il modo di guardare... un bocciolo di rosa, che è sfiorito ed è diventato immondizia.
***
Dodici anni! Frequantiamo la seconda classe dell'Istituto Tecnico Calvino.
Con noi maschi, anche tre signorinelle; Pia, Giovanna e Teresa; una classe mista, e, per quei tempi, una cosa strana.
Noi, una ventina di maschi, tutti a mangiarcele con gli occhi, a farci la corte.
Tre signorinelle vive, sveglie, tutte e tre belle.
Con la fantasia, siamo tutti fidanzati con loro; chi di Giovanna, chi di Teresa, chi di Pia.
Dieci fidanzati per ognuna.
Teresa è la più carina: il corpicino fine, i capelli biondi e lunghi; e quegli occhi, che sembrano due stelle.
C'è bisogno di dirlo?! Io sono innamorato di Teresa e sono il suo fidanzato... in fantasia.
***
Poi cambiai scuola; e la persi di vista.
La rividi una volta, dopo tanti anni, sposato io e sposata lei: "Berto!" ... "Teresa!" ... e ci abbracciammo.
***
Ora me la ritrovo davanti, vecchietta: sta andando in chiesa, sgranando il rosario.
Se non è per mia moglie, neppure la riconosco.
Solo la bocca, gli occhi, qualche cosa di quella Teresa con i capelli biondi, col fuoco dentro e la primavera in volto.
Teresa! ... Berto!...
Un bacetto...
E con passo traballante s'avvia alla chiesa col rosario in mano.





BIOGRAFIA di Alberto D'Angelo (tratta ampiamente da “Trapani Nostra” e dalle memorie del figlio Claudio D’Angelo, ricercatore storico ed esperto di storia dei Siculi).

Trapani 26 novembre 1921 – m. Valderice (TP)  il 20 maggio 2000
Alberto D'Angelo studia l'arabo all'Istituto Orientale di Napoli. Insegnante elementare - poi, fino al pensionamento, funzionario nell'Amministrazione scolastica presso la Direzione didattica di Valderice (TP).
Appassionato sportivo, nel trentennio 1950-1980 si dedica al motociclismo e poi all'automobilismo collezionando molte vittorie. Cinque volte campione siciliano di regolarità e vince due Trofei del Campionato nazionale di velocità della Montagna.
Cultore del dialetto e delle tradizioni siciliane, dopo il pensionamento, coltiva ed affina sua passione letteraria pubblicando raccolte di poesie e di racconti sia in siciliano (dialetto trapanese), sia in lingua italiana. Confortato da lusinghieri giudizi di critici militanti, consegue prestigiosi riconoscimenti in ambito nazionale. Tra gli altri, scrivono della sua produzione letteraria Salvatore Morselli, Salvatore Di Marco, Ugo Zingales, Elio D'Amico, Salvatore Chiolo, Mario Gallo, Alighiero Maurizi, Salvatore Costanza, Enzo Lauretta, Gioacchino Aldo Ruggieri.




RICONOSCIMENTI
Premio Speciale per opera edita in volume Cuore, Canta e Ritorno al 16° Concorso Internazionale di Poesia dialettale indetto dall'ASLA di Palermo.
Premio Speciale Benemerito per opera edita in volume con Cu lu cori 'n manu al 17° Concorso nazionale di Poesia dialettale indetto dall'ASLA di Palermo.
1° premio per silloge in dialetto alla XXI edizione del Premio internazionale "San Valentino" di Terni.
Vincitore del Concorso internazionale "Giovanni Gronchi" di Pontedera.
Vincitore del Premio nazionale "Cesare Pavese-Giovanni Gori" di Torino.

BIBLIOGRAFIA 

- Cuore, Canti, Trapani 1986
- Ritorno, Trapani 1998
- Cu lu cori 'n manu, Trapani 1990
- Ora c'u tempu…, Trapani 1992
- Mumenti, Trapani s.i.d.
- Ascuta, Palermo 1997

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