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L'evoluzione dell'EGO latino nell' IO siciliano: una riflessione di Antonio Cattino.



Uno dei tratti distintivi di una lingua è rappresentato dal pronome “io", infatti in esso vi è racchiusa gran parte della forza discorsiva della lingua, della parlata o del dialetto stesso. Nel siciliano contemporaneo ed in gran parte dei sui dialetti locali, ad esclusione di alcune zone,come Messina in cui il pronome “IO” è “JO’ ” di chiara origine ispanica (fino agli inizi dell’’800 si scriveva “YO”),in tutte le altre versioni, questo pronome ha una coerente origine latina, conseguenza della quasi completa conquista non solo militare ma soprattutto culturale della nostra isola da parte di Roma e dell’elemento latino. Quello che i vari insediamenti Greci non riuscirono a determinare, cioè l’assimilazione culturale e linguistica dell’Etnia Sicula, in secoli di dominazione,i romani lo ottennero rapidamente e quasi completamente. C’è anche da dire che i Siculi sfruttarono la cultura greca, facendone della lingua sicula una lingua scritta, assimilando l’alfabeto greco ed utilizzando la lingua greca solo per le transazioni commerciali, ed i rapporti ufficiali con l’elemento greco. Con l’avvento della dominazione romana i rapporti con i municipi, le guarnigioni militari, i porti commerciali e la estesa schiera di funzionari romani si infittirono in tutta la Provincia Siciliana, interessando ogni aspetto del vivere civile, ecco che l’”EGO” latino ha il sopravvento nei discorsi dei siciliani,con una sua volgarizzazione in ”EGU” nella parlata corrente di ogni giorno.Oggi l’attestazione letteraria più estesa per il corrispettivo del pronome italiano “IO” , è “IU” o “Ju” mentre per Catania e molte zone della Sicilia Orientale ed Jonica, nelle parlate locali,è generalmente “IU’ “con la U’ accentata.

Facciamo ora un salto temporale verso la Scuola Poetica Siciliana,nel XIII Secolo ed incontriamo il poeta messinese Stefano Protonotaro, che nella sua canzone “Pir meu cori alligrari” giudicata una delle poche composizioni poetiche di quella Scuola che ci sia pervenuta scritta nel siciliano del 1200, senza le contaminazioni toscane e continentali dei copisti che trascrivevano le opere di quella Scuola Poetica, usa per “IO” italiano, il pronome “EU”; infatti egli scrive: 

”…EU chi su di tal donna inamuratu//dundi è dulci placiri//preiu e valenza-e-juiusu-pariri…”

Io personalmente, senza voler imporre il mio parere come verità assoluta, sono convinto che dal punto di vista etimologico, l’uso dell’EU sia il più corretto,rispetto allo IU, infatti esso deriva direttamente dall’EGO, passando certamente dal volgare EGU e perdendo quindi la “G”,mentre lo stesso percorso etimologico,mi sembra più tortuoso per l’IU,che risente certamente di una impronta fonetica,infatti:EGO – EGU – e/IU…quindi con la caduta della E iniziale,della G e l’inserimento della I in IU; sono convinto quindi che l’uso dell’EU,oltre ad essere più corretto sia anche più aulico per la Poesia. A mio parere quindi, oggi che ancora non vi sono regole unificanti, possiamo scrivere questo pronome nella forma che più ci aggrada,anche nella forma dialettale del luogo,per esempio a Messina, lo “JO’“è molto musicale ed ha molta forza espressiva; io personalmente propendo per l’EU che mi sembra la forma espressiva più corretta per la Koinè siciliana. Lo stesso Salvatore Camilleri, nel suo dizionario Italiano – Siciliano, traducendo il pronome italiano IO, lo mette al 2° posto dopo JU, e poi nell’ ordine JEU, usato anche nella variante calabrese del siciliano, ed infine IU.

Antonio Cattino – ottobre 2012.



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