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Enrico Caltagirone Poeta.

                    



Conobbi Enrico Caltagirone, nel maggio 2016 in un convegno indetto dall’Archeo Club dei paesi dell’Etna, tenutosi ad Adrano sulla Storia dei Siculi e sulla loro lingua di cui Enrico era il relatore insieme a Claudio D’Angelo ricercatore storico e saggista, ed in cui presentai una Comunicazione sulla Lingua Siciliana.

Ho subito apprezzato le grandi qualità di studioso e di scrupoloso ricercatore di Enrico Caltagirone, la chiarezza nell’individuare il percorso millenario che fecero i Siculi dalle valli dell’antico fiume indiano Sarasvati - ora interrato e deviato – attraversando tutta l’Europa centro-meridionale, giungendo poi attraverso l’Adriatico nella penisola italiana e dunque in Sicilia.

Lo considerai quindi per alcuni anni, e tale è, un esperto di antiche lingue orientali, in specie di Sanscrito e di proto Sanscrito, la lingua parlata dai Siculi, da cui derivano quasi tutte le antiche lingue parlate nella penisola italiana, compresi, per altri versi, l’Etrusco ma anche il Protolatino.

Enrico Caltagirone è stato, tra l’altro, il traduttore dall’Etrusco della storia narrata nelle fasce che avvolgono il corpo di una giovane etrusca, la mummia di Zagabria, ballerina alla corte dei Faraoni d’Egitto, uccisa si pensa dal capo delle guardie per tacitare un suo atto di violenza sessuale nei confronti della giovane. Sono anche sue, di Enrico, le traduzioni delle epigrafi ed iscrizioni sicule, finora rinvenute in Sicilia ed in Italia.

Detto questo, nulla mi avrebbe fatto pensare che dietro lo studioso ed il ricercatore linguistico, si celasse l’animo di un altrettanto bravo poeta, ma leggendo le poesie di una sua silloge, gentilmente da lui inviatami, mi sono dovuto sincerare di trovarmi davanti ad un poeta straordinario ed originale, con una poetica moderna che lo contraddistingue. Infatti Enrico Caltagirone è valutato dalla critica che ha scritto di lui, fra i più interessanti poeti italiani contemporanei.

A tale proposito lui dice: —A sedici anni sono riuscito a pubblicare un libricino di poesie, a cura della mia professoressa di liceo che mi sequestrò il diario dove scrivevo delle poesie, affascinata da quel ragazzo che scriveva versi. Fece stampare, a mia insaputa, un libricino che intitolò - Al di là della siepe-Tipografia delle Edizioni Paoline, Catania- Correva l’anno 1963. Non finirò mai di ringraziare quella mia insegnante, la professoressa Annunziata Gianquinta Lombardo Radice, nipote del filosofo Ernesto Lombardo Radice, a cui la scuola è intitolata. Seguì nel 1969 la silloge – Et puis l’hiver revient – per la collana –  Poeti dell’Ascendentismo – diretta da Nino Ferraù, poi nel 1982 – Diario del tempo inclemente, per la stessa collana, con una prefazione dello stesso Nino Ferraù, che nella sua analisi, coglie - il momento di passaggio dalla poetica giovanile segnata dal sogno e dalle illusioni, elementi naturali della giovinezza, non arrivano a mettere fiore:—Poesia della devastazione, della metamorfosi – titola in prefazione Nino Ferraù. Superata la fase giovanile, Enrico Caltagirone s’incammina verso la sua vasta attività poetica e letteraria, scrive poesie e romanzi, egli esprime nella poesia il disagio esistenziale di vivere in una società malata, in decomposizione, senza valori, se non quei disvalori che invadono la comunicazione e che danno una visione alterata, spesso falsa della società.
Enrico nella sua qualità di studioso di antiche lingue indoeuropee, va a fondo nel dare il giusto senso alle parole, il giusto significato e le inserisce nel verso poetico, usando lo schema della poesia moderna: verso libero, ricerca di ritmo e musicalità proprio nell’uso della parola.

Egli è anche un grande appassionato dell’astronomia, pertanto conosce ogni angolo dell’universo finora rilevato, stelle comete, costellazioni, pianeti che trasferisce nelle sue poesie, dando quel tocco d’universalità alla vita degli uomini sulla Terra, in un rapporto quasi filiale, che lui sente, con l’Universo e che fa parte del mistero della Creazione; tal che la poesia di Enrico Caltagirone si permea dei concetti di “Metamorfosi” e del “Divenire”, dando senso alle vicende della storia  del genere umano sulla Terra.

I punti di riferimento nella definizione della sua poesia sono stati Quasimodo, Neruda, Bonnefoy e Luzi: — Questi quattro poeti, dice Enrico, ognuno per la sua parte, sono stati per me determinanti, sia per quanto concerne i temi che per la ”lingua”. Per la lingua in particolare, egli apprezza, la costruzione di Quasimodo di una lirica alta, le invenzioni linguistiche inimitabili e la poetica di “Acqua e Terre”.



Negli anni ’60/70  vi è in Erico Caltagirone un certo interesse per la poesia della contestazione e per la “Beat Generation” fenomeni che egli ha esplorato con curiosità intellettuale, pur non facendone parte, ma trovando punti di contatto con la sua poesia di denuncia del decadimento della società ed il conseguente male di vivere dell’uomo, schiacciato dalla società di massa e del consumismo, dall’inquinamento e dalla confusa convivenza nelle città, rese ormai invivibili, facendo trasparire però in tanta drammatica condizione umana, da buon siciliano, un barlume di speranza, facendo affidamento nella Poesia:— C’è bisogno della poesia, afferma Enrico, poiché la parola poetica rimane nel tempo. È quello il periodo in cui si appassiona per quella formidabile generazione di poeti che va da Ginsberg, a Ferlinghetti, Corso, a Bukowski, a Cummings, a Keruac, a Bob Dilan ed a Leroy Jones. Scrive pertanto un poemetto in prosa poetica diviso in strofe: Controcanto in cui denuncia ad “alta voce” i mali della società contemporanea e delle grandi città in particolare, con lo svilimento di ogni valore di convivenza, il suo “urlo” lo chiama, contro il male di vivere la solitudine ed il disordine sociale e le nuove povertà ed emarginazioni. Canto fortemente di denuncia che lui dedica ai poeti della Beat Generation.

In questo quadro, Enrico Caltagirone individua metaforicamente nel “vento” l’energia che domina sulla vita degli uomini nel pianeta Terra, come nell’infinito Universo; il vento quindi assurge a metafora del movimento e del divenire,concetto questo a cui dedica ben tre sillogi: Vento caldo (2007); Vento celeste (2009); Vento segreto (2010).

L’ultima fatica letteraria di Enrico Caltagirone è stata l’Opera Omnia pubblicata da Etabeta nel gennaio del 2019, questo libro non è una semplice sommatoria della sua produzione poetica, ma una raccolta di poesie scelte per ogni sua pubblicazione, corredate da giudizi critici di livello, accompagnando piacevolmente il lettore nella lettura delle poesie. In conclusione, la poesia di Enrico è una poesia alta e colta, per nulla criptica, l’autore non è un poeta che si guarda l’ombelico, tutt’altro, essa manda dei precisi messaggi, avverte l’uomo che bisogna riprendere a pensare, a farsi contaminare dalla cultura vera, sia quella delle Arti e del Sapere, sia quella della Conoscenza, rifuggendo da certa informazione ossessiva, spesso ispirata e manovrata dai poteri dominanti, pena il generale imbarbarimento.


Vi è anche in Enrico Caltagirone la parte del sentimento e del ricordo in particolare: l’ amore ed il ricordo per i genitori, per le persone care, per la sua compagna, il ricordo per gli amori vissuti e quelli agognati ma anche per la sua cittadina lontana, Centuripe, la Sicilia col suo mare e la sua lussureggiante vegetazione, ma specialmente per la madre, tutti temi ed  elementi che Enrico affronta con una fine poetica ed un lirismo riguardevoli:


alla madre, dall’ode a lei dedicata - Troppe Lacrime


(…)

Fiorisce un fiore nell’elisio della memoria dove siedi in
conclave solenne, bocche ripetono antiche melopee, e tu
attendi con gli occhi spenti che si compia il tempo.

Sull’onda dei ricordi stridono gli uccelli e tu nel vento
dispieghi i tuoi capelli e il mare senza posa inonda
la 
tua stanza e dice vieni, vieni, che nulla della nostra vita
avanza.

Fiorisce un fiore, mamma, e l’alba torna ancora, e dunque
leva i tuoi occhi al blu del cielo, indossa la tua veste e
vieni, vieni, insieme canteremo il canto dell’aurora
. (…)



ed al padre da Il vento della notte, in Vento Celeste


(…)


Mi sono specchiato negli occhi di mio padre; come

in un labirinto abbiamo camminato. Silenziosamente 

se n’è andato un mattino di novembre, senza gemiti

e preghiere.


Gira la banderuola, persa nel suo universo, oscilla

su ondivaghi pilastri, enumera nel vento enormità

di lacrime: ora la mia casa è una tenda dell’esodo

piantata nel deserto.


Infatti il grande umanista ed uno dei capifila della critica letteraria in Italia, recentemente scomparso, Giorgio Barberi Squarotti,scrivendo della Poesia di Enrico Caltagirone in prefazione alla silloge Fiume del tempo (2015), dice:—il valore della Poesia di Enrico è altissimo,coerente e raffinatamente inventivo, sapiente e musicale, uguale nella sostanza, variata nelle immagini e nelle evocazioni, per l’intento di fissare le forme in tutti i possibili punti di vista, per il privilegio della Poesia di essere sempre diversa (…)

Mentre il poeta Lucio Zaniboni in prefazione alla silloge Oltre i confini della notte scrive:—Un tessuto lirico di tutto rilievo, in Oltre i confini della notte (2004), è la padronanza del verso connotato Enrico Caltagirone, tra i poeti che sanno modulare il canto fuori dai giochi verbali, ed i facili echi.La sua Poesia vibra autonomamente scrutando e valicando i confini della notte(…) (…) sono convinto che – continua Zaniboni – quest’opera sia da ritenere considerevole nel panorama poetico contemporaneo.


Leggiamo due poesia di Enrico Caltagirone



Il colore del vuoto


(Nel tempo dell’energia oscura)



 Ho camminato nelle città memorabili,

nella luce violenta che generava un giorno

all’altro uguale, lasciando alle spalle mille

problemi senza soluzione. E il conto esatto

degli anni, i fiori accesi della primavera,

i colli verdi e le montagne azzurre.

*
Tutto procedeva come doveva lungo

i sentieri delle città effimere. Le ombre

tenacemente invadevano le sere, furtivi

arabeschi nell’amplesso di anonimi

individui. Nell’ombra e nell’indifferenza

la folla s’aggrumava intorno a colate lascive,

a proclami idioti d’incorreggibili dementi.

*

In quel recinto di fiori macerati tutto

sembrava inarrivabile e immortale, ma

il destino tesse una tela di ore ineluttabile,

un transito di vento e di memorie. Il buio

è un vuoto caduto dal cielo, la strategia

efferata dell’energia oscura, sillabe

ingannevoli nel gioco del vaticinio,

un luogo perduto di nomi e di ricordi.

*

Conquistato il tempo, ciò che resta

si diluisce precocemente, il tempo

imbianca il nostro avvenire, il vento

gonfia i draghi dell’inverno

e appende stracci ai rami del silenzio.

La folla avanza appesa a un indicibile

fermento e ha negli occhi il vuoto

e sulle labbra un gemito di vento.

*

Ignoto è il giorno e il divenire oscuro,

e camminarci dentro, tra le ombre

che proliferano, è un fiume incessante

preda di vuoti carsici. Nella città, tra

passanti silenziosi, ai limiti conosciuti

della luminosità, si confonde la notte,

e inquieta cresce la febbre delle ombre,

il vento spalanca le porte dell’aurora,

da ogni lato il vuoto trabocca.

*
Tu non sai la pena di camminare

ai margini del vuoto. Si sovrappone

un giorno all’altro, gli anni si sedimentano

con grazia, tutto diventa pietra.


Enrico Caltagirone©





Configurazione di futuro


Mi configuro un futuro senza compromissioni,

considerando gli anni dispersi nella mappa

del possibile tra ciò che il sentimento consente,

voci, respiri, equinozi in precessione, pioggia

di meteoriti da Orione.


Colpito dal vento della vita è così vulnerabile

il cuore, così contratto, sommerso dall’onda

degli insetti invasori, da segrete fraudolenze,

da latenti disperazioni.


È certo che seguendo la corrente sono stato

intrappolato nel fiume indefinito del tempo, nel

mare di un vasto chiacchiericcio, di sproloqui

disarmanti, di giri di parole.


Ciò ha comportato un rapido mutamento

d’orizzonte, una perpetua ricerca del reale,

ma t’accorgi presto che tutto ascende, che

tutto cade, che nella tua mano tesa, la morte 

d’incanto rifiorisce.


Enrico Caltagirone© da Vento Celeste 2009



Hanno scritto di Enrico Caltagirone:

Giorgio Barberi Squarotti, Lucio Zaniboni, Nino Ferraù, Pietro Civitareale, Nucci Mula, Giorgio Bertella Editore, Angelo Lippo, Rosetta Di Bella, Vito Barbagallo, Gabriella Masoni, Sebastiano Tusa, Santi Lo Giudice, Antonio Cattino, Claudio D’Angelo, Nino Barone ed altri.

Si sono interessati alla sua attività;

Cinzia Sciuto, Giuseppe Gerbino, Nino Pracanica, Giuseppe Mistretta, Josè Russotti, Lia Savarino e tanti altri.


Biografia

Enrico Caltagirone, nato il 21.11.1944 a Centuripe, EN, residente a Macherio, periferia di Monza.

Diploma Magistrale all’Istituto Lombardo Radice di Catania.

Laurea in Pedagogia all’Università di Magistero di Catania col prof. Gino Raya.

Corso post laurea di Filologia Romanza col prof. Andrea Zanzotto, grande poeta, all’Università di Parma.

Laurea in Lingua e Letteratura Sanscrita all’Accademia di lingue orientali di Milano (Accademia Alessandrina) col prof. Renato Turra.

Collaboratore (prof. di seconda fascia) all’Università Cattolica di Milano, alla facoltà di etruscologia, della prof.ssa Aigner.

Stage di etruscologia all’Università di Tubinga col prof. Rix.

Bibliografia

Poesia:

Al di là della siepe, Ed. Paoline, 1963;

Et puis l’hiver revient, Ed. A.L.A., 1969;

Diario del tempo inclemente, Ed. A.L.A., 1982;

Frammenti e tormenti, Ed. Montedit, 1999;

Oltre i confini della notte,  MARNA, 2004;

Musicanti sul filo, MARNA, 2005;

Vento caldo, MARNA, 2007;

Vento celeste, MARNA, 2009;

Vento segreto, MARNA, 2010;

Kronosphaera, MARNA, 2011;

The dream is all, MARNA, 2012;

Fiume del tempo, ETA BETA, 2015;

Opera omnia, ETA BETA, 2019.

Saggistica:

Un grido dal passato, MARNA, 2001;

La lingua dei Siculi, MARNA, 2003;

La lingua degli Etruschi, MARNA, 2009;

Origine e lingua dei Siculi, ETA BETA, 2018;

Gli Etruschi, un grido dal passato, ETA BETA, 2018;

Dalla Lingua d’Oc alla Lingua Siciliana, ETA BETA, 2019.

Narrativa:

Alla ricerca della Grande Madre, MARNA, 1998;

La fragile luce dell’Eden, ETA BETA, 2016.

Scritto da Antonio Cattino© Marzo 2021.




Commenti

  1. Anche io ritengo Enrico Caltagirone grande e serio studioso e raffinatissimo Poeta ; a lui mi lega un'amicizia basata su grande ed infinito rispetto .

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