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CONOSCIAMO ENRICO CALTAGIRONE

Enrico Caltagirone

Enrico Caltagirone, laureato in pedagogia e all’istituto di lingue orientali, impegnato da circa trent’anni nella ricerca glottologica, è noto per gli studi sulle antiche lingue italiche..
Glottologo riconosciuto a livello internazionale, ha scoperto che i Siculi parlavano il Sanscrito arcaico, una lingua precedente ai Veda, e proprio attraverso lo studio della loro scrittura è stato in grado di individuare quale fosse il loro territorio di origine… la regione posta a cavallo tra l'India e il Pakistan.
Enrico Caltagirone ha tradotto molte steli e scritture Sicule incise su reperti diffusi in vari musei siciliani e di altri territori, molte delle quali erano state identificate come appartenenti alla cultura Greca.
Straordinarie le sue traduzioni della Kotyle di Grammichele, della Stele del Mendolito, del Vaso di Montagna di Marzo, e tante altre iscrizioni dalle quali emerge la cultura di un popolo straordinario e per certi versi sconosciuto.
A ottobre 2017 Enrico Caltagirone ha partecipato, a Trapani, come relatore, insieme Francesco Torre (già docente di Geografia e Geomorfologia presso la Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Bologna, nonché docente del Corso di Archeologia Navale dell'Università di Bologna) e al ricercatore e saggista storico Claudio D'Angelo, all'incontro-conferenza sul tema: "I Siculi - Popoli del Mare".
Nel corso della sua esposizione, si è soffermato anche sulla traduzione di due steli ritrovate in territorio Piceno, la Stele di Castignano e la Stele di Novilara, dalle quali si evince che i Piceni usavano una scrittura legata ai Siculi, quasi certamente perché si trattava dello stesso popolo.
Aver costituito un gruppo di studio sui Siculi, che vanta la collaborazione di grandi studiosi e ricercatori che quotidianamente mettono in campo tutte le loro conoscenze a favore delle nostre radici, sta consentendo di mettere in luce l'esistenza di un popolo dimenticato dalla storia e molto spesso nascosto dalla stessa storia, vissuto in Sicilia nel periodo pre-ellenico, che ha inciso fortemente sulla nascita e sviluppo delle culture successive.
In merito alla serietà e professionalità di Enrico Caltagirone, scriveva Sebastiano Tusa: “… non posso che apprezzare Caltagirone nel suo sforzo di argomentare con dovizia di dati l’ipotesi di derivazione dell’idioma siculo dal sanscrito. Tale ipotesi, del tutto verosimile, non contrasterebbe con l’ipotesi della venuta dei Siculi dalla penisola. E’ noto, infatti, che gli idiomi italici tanto abbiamo di derivazione indoeuropea”.
E poi, scriveva Santi Lo Giudice: “… Caltagirone, nell’affermare che il siculo ha una precisa corrispondenza col sanscrito, non solo addiviene a una conclusione attendibile sull’origine della lingua dei Siculi (chiudendo una querelle che si trascina da troppo tempo), ma offre un contributo rilevante in ambito storico-linguistico, dunque, metodologico, che ci sentiamo di condividere”.
Capisco che i suoi studi vanno contro tendenza perché, le sue traduzioni, danno voce ai Siculi, un popolo fino a ora sconosciuto.
A tal proposito aggiungo il pensiero di uno dei più importanti intellettuali del nostro tempo, il filosofo Thomas S. Kuhn il quale spiega che cosa accade quando i paradigmi ufficiali di una scienza cominciano a vacillare. In un celebre libro: “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”, espone che quando ciò avviene, non è mai un processo indolore a causa della fiera opposizione della comunità scientifica.
Un mutamento di paradigma” spiega Kuhn “richiede un mutamento di ottica. Questo costituisce una rivoluzione conoscitiva che modifica radicalmente i nostri punti di vista. E’ un’operazione raramente indolore, perché per gli scienziati, come per tutti, adottare o abbandonare un particolare punto di vista rappresenta una posta altissima. Per sollevare i velo del passato, dobbiamo prima sollevare quello che ricopre le nostre menti. I nostri preconcetti tendono ad offuscare le percezioni. Possiamo vedere con chiarezza solo quando siamo disposti a sospendere il giudizio e permettere alle prove, per quanto umanamente possibile, di parlare da sole. Soprattutto dobbiamo essere pronti a riesaminare le nostre teorie quando incontriamo un numero sufficiente di fatti anormali e discordanti”.

[Scritto da Claudio D'Angelo] 11 settembre 2019


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